viernes, 26 de julio de 2024

Raoul Bova, 'la sfida più difficile, essere me stesso'/Raoul Bova, «el reto más difícil, ser yo mismo


Le aspettative che "diventano un carico di 100 kg sulle spalle", l'abbandono del nuoto dopo una gara persa e la sensazione che "lo sport anziché gioia era diventato una gabbia", il primo provino della vita, quello per la fiction sui fratelli Abbagnale, e il crollo psicologico che convinse il regista Stefano Reali a prendere quel giovane attore bello e sconosciuto. E poi ancora il sogno americano e la popolarità in Italia ormai da anni. Raoul Bova si racconta a Marateale con la sincerità e quella umiltà che sono un po' la sua forza. E ora arrivano Emily in Paris 4 e l'atteso Don Matteo 14. 
 
Ho fatto la prova costumi a Parigi in un contesto produttivo gigante e però curatissimo. Poi le riprese a Roma. La prima scena? A letto con Philippine Leroy-Beaulieu, la boss Sylvie dell'agenzia, così tanto per rompere il ghiaccio", racconta all'ANSA Bova. "Ero terrorizzato, lei è stata divertente, abbiamo scherzato e tutto è andato bene da quel momento in poi. 

    Certo un po' di stereotipo c'è: io interpreto Giancarlo, un regista pubblicitario italiano con cui Sylvie si rilassa, si sente libera, sorridente, sono il suo detox, ma Emily in Paris è una serie leggera e divertente e non si può chiedere altro se è un successo globale", aggiunge della saga con Lily Collins attesa su Netflix dal 15 agosto in cui è una new entry (con Anna Galiena ed Eugenio Franceschini). Dalla serie global a quella iper nazional popolare di Don Matteo, la cui 14/a stagione arriva su Rai1 dal 17 ottobre ed è la prima in cui Bova è titolare a tutti gli effetti (è entrato nella quinta puntata della 13/a): c'è un Don Massimo al posto del prete in bici storicamente interpretato da Terence Hill. 

    "Non vorrei dire, ma questa serie è venuta molto bene, con temi interessanti come è caratteristica di questa fiction così tanto amata, capace, forse è il segreto di una ventennale longevità, di essere un orologio sempre al passo con il tempo. In questa stagione - prosegue Bova - c'è il nuovo capitano Eugenio Mastandrea ed entra in gioco Federica Sabatini che interpreta mia sorella. Si comincia a sapere qualcosa di più del personale vissuto di don Massimo, c'è un tema familiare e un tema più grande che riguarda il perdono e la capacità di sapersi mettere in discussione e comprendere il prossimo. Sono entrato nella 13/a stagione un po' in sordina rispetto ad una macchina da guerra come don Matteo e ora comincio a sentirmi vicino il personaggio. Cosa mi piace più di tutto? Il suo essere intergenerazionale".
 
    L'occasione della masterclass nel festival diretto da Nicola Timpone è anche quella di guardare il passato, testimoniando ai tantissimi giovani che lo ascoltano una grande tenacia. "Il destino che avevo progettato, quello di campione, di nuovo si è infranto sotto il peso di tutte quelle aspettative mie, di mio padre, del mio allenatore. Avevo bisogno di supporto più morale che fisico, la voglia di gareggiare era un'ossessione, soffrivo il giudizio, quell'ansia incredibile, ci sono voluti anni per riappropriarmi dello sport come gioia. Era una gabbia dalla quale scappare ma avevo paura di deludere soprattutto mio padre. 

    Dopo aver perso la gara della vita ho abbandonato, mi ha salvato il cinema. Andai ad un provino e anziché farlo crollai psicologicamente davanti al regista, raccontando tutto il mio dolore, fu una liberazione e ancora oggi ringrazio Reali per avermi ascoltato, lo colpii talmente sul piano umano che mi diede il ruolo di protagonista, sarei stato un ragazzo perso per strada come capita a tanti. Ma lì - ha raccontato Bova - è cominciata anche la mia determinazione: da quel giorno mi sono sentito fortunato, un prescelto senza merito e quindi decisi di recuperare studiando come un matto recitazione per anni, ed è così che piano piano nel tempo, tra successi e delusioni come succede a tutti ho cominciato a far pace con me stesso, scoprire questo mondo senza l'ansia di vincere che mi portavo dietro dallo sport. Come? Quando ho capito che per essere me stesso dovevo essere meno severo con me stesso, ascoltarmi, accettarmi senza fare quello che gli altri si aspettavano da me". 

    E ha fatto i conti con la sua bellezza, "se ancora mi si fa questa domanda che era un classico 15 anni fa, ringrazio commosso", scherza. Anche con l'esperienza americana si è riappacificato: "Avevo investito tantissimo, casa, agenzia Caa, scuole, coach, lezioni cinque ore al giorno, provini. La grande occasione mi capitò per Tomb Raider, Angelina Jolie faceva il tifo per me, avevo la parte in tasca ma feci un provino da schifo, dimenticando tutte le battute. Gerard Butler fu preso al mio posto. Restano i racconti di quel periodo per divertire gli amici".
    Lezioni per il futuro: "Fare questo lavoro bene, con responsabilità ma senza paura. Con le aspettative ho chiuso: diventano un carico di 100 kg sulle spalle e poi viene il mal di schiena".
 
Expectativas que «se convierten en una carga de 100 kilos sobre los hombros», el abandono de la natación tras una carrera perdida y la sensación de que «el deporte en lugar de alegría se había convertido en una jaula», la primera audición de su vida, la de la ficción sobre los hermanos Abbagnale, y el derrumbe psicológico que convenció al director Stefano Reali para llevarse a aquel joven actor guapo y desconocido. Y después, el sueño americano y la popularidad en Italia durante años. Raoul Bova cuenta su historia a Marateale con la sinceridad y la humildad que son un poco su punto fuerte. Y ahora llega Emily en París 4 y la esperada Don Matteo 14. 
 
Hice el ensayo general en París, en un entorno de producción gigantesco pero bien cuidado. Luego el rodaje en Roma. ¿La primera escena? En la cama con Philippine Leroy-Beaulieu, la jefa de la agencia Sylvie, para romper el hielo», cuenta Bova a ANSA. 'Yo estaba aterrorizado, ella era divertida, bromeamos y todo fue bien a partir de ese momento.

    Por supuesto que hay un poco de estereotipo: yo hago de Giancarlo, un director de publicidad italiano con el que Sylvie se relaja, se siente libre, sonríe, yo soy su desintoxicación, pero Emily en París es una serie ligera y divertida y eso es todo lo que se puede pedir si es un éxito mundial», añade sobre la saga con Lily Collins prevista en Netflix a partir del 15 de agosto en la que él es una nueva incorporación  (con Anna Galiena y Eugenio Franceschini). De las series globales a la popular hipernacional de Don Matteo, cuya 14ª temporada llega a Rai1 a partir del 17 de octubre y es la primera en la que Bova es titular de pleno derecho (entró en el quinto episodio de la 13ª): hay un Don Massimo en lugar del cura en bicicleta interpretado históricamente por Terence Hill. 

«No quiero decirlo, pero esta serie ha salido muy bien, con temas interesantes como es característico de esta ficción tan querida, capaz, quizá sea el secreto de su longevidad de veinte años, de ser un reloj que siempre está en marcha.En esta temporada -continúa Bova- aparece el nuevo capitán Eugenio Mastandrea y entra en escena Federica Sabatini, que interpreta a mi hermana. Empezamos a conocer mejor la experiencia personal de Don Massimo, hay un tema familiar y otro más amplio sobre el perdón y la capacidad de cuestionarse a uno mismo y comprender al prójimo. Llegué a la 13ª temporada un poco callado en comparación con una máquina de guerra como Don Matteo y ahora empiezo a sentirme cercano al personaje .¿Qué es lo que más me gusta? Que sea intergeneracional».

 La ocasión de la clase magistral en el festival dirigido por Nicola Timpone es también para echar la vista atrás, testimoniando a los numerosos jóvenes que le escuchan con gran tenacidad.
«El destino que había planeado, el de un campeón, volvió a hacerse añicos bajo el peso de todas esas expectativas puestas en mí, en mi padre, en mi entrenador. Necesitaba un apoyo más moral que físico, el deseo de competir era una obsesión, sufría el juicio, esa ansiedad increíble, tardé años en recuperar la posesión del deporte como un gozo. Era una jaula de la que escapar, pero tenía miedo de decepcionar sobre todo a mi padre.

 Después de perder la carrera de mi vida me rendí, el cine me salvó.
Fui a una audición y en lugar de hacerla me derrumbé psicológicamente delante del director, contándole todo mi dolor, fue una liberación y hasta el día de hoy agradezco a Reali que me escuchara, le impresioné tanto a nivel humano que me dio el papel protagonista, yo hubiera sido un tipo perdido en la calle como les pasa a muchos. Pero fue allí», relató Bova, »donde empezó mi determinación: desde ese día me sentí un afortunado, un elegido sin méritos, y entonces decidí compensarlo estudiando interpretación como un loco durante años, y así fue como poco a poco, con el tiempo, entre éxitos y decepciones como le pasa a todo el mundo, empecé a hacer las paces conmigo mismo, a descubrir este mundo sin la ansiedad de ganar que arrastraba del deporte.¿Cómo? Cuando me di cuenta de que para ser yo mismo tenía que ser menos estricto conmigo mismoa, escucharme, aceptarme sin hacer lo que los demás esperaban de mí».
 
Y se ha reconciliado con su belleza: 'si todavía me hacen esta pregunta que era un clásico hace 15 años, se lo agradezco conmovido', bromea.
También se ha reconciliado con la experiencia americana: 'Había invertido tanto, casa, agencia Caa, escuelas, entrenadores, clases cinco horas al día, audiciones.  Mi gran oportunidad llegó para Tomb Raider, Angelina Jolie me apoyaba, tenía el papel en el bolsillo, pero hice una audición pésima, me olvidé de todas las frases. Gerard Butler me sustituyó. Las historias de aquella época quedan para entretener a los amigos». Lecciones para el futuro: «Haz bien este trabajo, con responsabilidad pero sin miedo. Con las expectativas he terminado: se convierten en una carga de 100 kg sobre tus hombros y luego te duele la espalda'.