Lo sport nella sua vita
«Quando avevo quattro anni mi hanno buttato in una piscina e ho iniziato a fare nuoto. Poi negli anni uno cerca anche di fare altri sport. Per il cinema poi devi imparare ad andare a cavallo, fare scherma, arrampicarti e fare tutto quello che ti serve per le scene d'azione. Oggi sopra il muscolo c'è anche un po' di filo di adipe che comunque ammorbidisce. Adesso sto facendo sempre molto nuoto, alterno delle sedute molto spinte di sprint che danno il volume al muscolo e anche di resistenza. Ci abbiano anche un po' di palestra, yoga e pilates. È fondamentale, sarà due anni e mezzo che lo faccio. Ti dà una solidità di di struttura e la tua postura ti aiuta a stare anche meglio fisicamente. In questo momento arrivo da un momento di preparazione per un film d'azione, che poi non è stato girato perché c'era un problema con il tax credit. Mi sono ritrovato con questo fisico lo stesso, che ci faccio? Invece che buttarlo me lo tengo. Don Massimo ha i suoi momenti action, va in moto, era una carabinieri sotto copertura. Deve essere sul pezzo e sapersi difendere».
Un periodo bello di vita
«Sto vivendo un bel periodo di vita, non so per quale motivo in particolare ma sto godendo tanto delle cose che ho. Le apprezzo, senza bisogno di avere troppo quella bulimia di notizia e di fatti che ti devono succedere per darti vitalità. Vivo pienamente le piccole cose, comprese le mie figlie e i miei figli. È coinciso con un periodo anche di riposo di lavorativo, quindi ho avuto proprio il tempo di dedicarmi anche alle piccole cose. Ho apprezzato anche i momenti di dialogo, i silenzi, lo stare insieme, l'andarsi a comprare una cosa per te. Insomma l'uscire di casa e non avere quella vita frenetica che hai tutti i giorni, condizionata da un piano di lavorazione, dall'orario di un trucco o da una scena».
La Piovra
«Io ho iniziato a fare film d'azione con La piovra, una delle serie più famose in tutto il mondo, in Russia, dappertutto. Michele Placido era come gli attori turchi (Endless Love, ndr.) quando vengono in Italia. Era famosissimo. Lì si parlava di mafia e c'era tanta azione. Ho incontrato Gianluca Petrazzi come stuntman, mi ha dato la possibilità di imparare molte cose. Io non ho mai usato la controfigura perché comunque ci tenevo a fare io queste cose, lui me l'ha consentita e devo dire che è nata un'amicizia nella quale poi ha tutti i film li ho fatti con lui come consulente».
La scena più pericolosa
«È un film che non so se tutti se lo ricordano. Si chiama "I cavalieri che fecero l'impresa" di Pupi Avati. Giravamo con nel 1200 con questi cinque cavalieri che dovevano portare la sacra sindone da un posto all'altro dell'Italia. Anzi portarla fino in Francia, con questi cavalli. Noi stavamo con addosso le armature. Io ero il fabbro italiano e avevamo cinque stalloni purosangue. A un certo punto della storia sono accerchiati questi cinque cavalieri e 5 stalloni da 150 cavalli. Solo per mettere in piedi quella scena ci siamo stati due giorni perché bisogna posizionare tutto. Quando davano il ciak, noi dovevamo aspettare che questi 150 cavalli arrivassero contro di noi veramente. I cavalli purosangue però si innervosiscono facilmente e si cominciano ad alzare, pronti a scattare. Non so come ne siamo usciti vivi, se cadevi lì per terra diciamo che ci rimanevi».
La scena a cavallo
«Ho imparato apposta andare a cavallo e ti devo dire che era la cosa che più temevo perché il cavallo è veramente imprevedibile. È stata una cosa veramente meravigliosa perché c'è stato un rapporto di conflittualità all'inizio. Lui voleva buttarmi giù in tutti i modi, cioè alzandosi davanti, dietro bloccandosi all'improvviso in discesa. Delle cose che a un certo punto non riuscivo neanche più a tenerlo io più lui faceva così e più dicevo "Va bene vai, se devi andare a schiantarti contro qualcosa lo facciamo insieme". Finale della storia? Io riesco a stare sopra questo stallone e cominciamo a galoppare sul bagnasciuga con con questo senza sella senza niente senza redini. Inizio a camminare verso il Largo fino a quando il cavallo incomincia a nuotare con me sopra, quella è stata la cosa più bella».
Il sogno da nuotatore
«Ovviamente sono tifoso
della della nostra Nazionale di nuoto. Però mi domando sempre io ho
sempre avuto questo sogno di andare alle Olimpiadi e magari un giorno di
vincerle.
Però dico chissà se a volte i sogni sono quello che poi
veramente ti gratifica di più, il sogno di me bambino è cambiato. Alla
fine mi sono ritrovato a fare l'attore e oggi ti dico che forse mi è
andata un po' meglio perché comunque ancora a 53 anni ho davanti un po'
di carriera . Da atleta Magari sai, a 30-35 incominci un po' la la china
discendente. Ho visto la tua intervista a Valentino Rossi e si
percepiva tanto il fatto della paura di smettere. Poi chi sei? Che cosa
fai nella vita? Come riempi le giornate? Tu sei abituata a un certo
ritmo e poi improvvisamente non ce l'hai più. Poi cominciano a chiederti
un po' di meno l'autografo e a volte non ti riconoscono proprio, cioè
quello. Il termine è sempre un qualcosa di molto simile a un lutto».
Recitare in Don Matteo
«Non non l'avrei mai fatto il personaggio di Terence per rispetto verso di lui e verso tutti gli appassionati. Non me la sarei sentita neanche io, volevo anche il mio spazio e la mia identità. Non volevo andare a fare un personaggio che è stato tanto amato proprio perché l'ha fatto lui così in quel modo. Avrei dovuto imitare un un altro attore. L'input me l'ha dato proprio Terence, perché io ho voluto incontrarlo e lui mi ha detto "Prenditi il tuo tempo. Prenditi il tuo personaggio, fallo tuo e goditelo e devi essere fiero di quello che fai. Ma che sia tuo non quello di un altro". Questo mi ha fatto capire che doveva essere un altro personaggio, che potesse raccontare anche qualcosa di diverso da quello che ha raccontato lui. Il mio personaggio ha 53 anni, veniva da un passato da carabiniere e per me era più interessante non essere perfetto, non essere quel prete convinto, quel prete che convince le persone, ma quello che si mette ancora in dubbio e che si domanda ancora».
L'importanza del perdono
«Come tema è molto forte in questa serie il perdono, la seconda possibilità che si dà alle persone. È un tema con cui don Massimo ha a che fare molte volte. Secondo me il perdono lo può dare soltanto Dio. Non è facile entrare nel concetto del perdono, o comunque dell'accettazione e devi farlo proprio. Io dopo 53 anni incominciò a capire come difendermi, ognuno c'ha la sua strada per arrivare al perdono. Il non avere rancore ti porta piano piano a perdonare. Se tu ci pensi chi fa qualcosa di male, oltre al danno ti fa ti dà anche la beffa perché chi sta male sei tu. Tanto vale non soffrire e non farsi fare doppiamente male».
Terence Hill
«È un mito assoluto. Quando ero bambino guardavo tutti i loro film. È affascinante perché poi Terence era era partito come uno stunt, quindi tutte le acrobazie come le capriole indietro e le famose scazzottate erano vere. Anche Giuliano Gemma, per esempio, era un grandissimo tuffatore e faceva gli stunt da solo. A 65 anni faceva ancora un una capriola e mezzo in avanti con il trampolino basso da un metro. Vabbè quindi c'erano proprio veramente degli atleti. Quando facevi l'attore dovevi saper fare tante cose tra cui la scherma perché ci sono i film ovviamente in in costume, andare cavallo e ovviamente dovevi saper sparare e tutta l'evoluzione della delle cadute».
La nascita di Don Massimo
«È stato un momento in cui stavamo in macchina io il produttore Luca Bernabei e stavamo parlando di eventuali progetti. Gli dicevo che quello che mi sarebbe piaciuto fare e gli raccontavo questo mio desiderio di ricerca interiore. Lui mi fa "Ma tu lo faresti un Don Matteo?". Forse Terence, era un po' stanco e quindi abbiamo già iniziato a pensare. Sono passati nove mesi così eh. E poi dopo un po' mi ha fatto "Ma lo faresti veramente o no?" Perché c'è questa situazione, noi dobbiamo partire con una nuova serie e questa è la situazione. A quel punto ho detto ho accettato. Stavo cercando un qualcosa che non fosse troppo complicato, stavo vivendo anche un momento della mia vita veramente difficile e complicatissimo che non capivo. Mi domandavo ma non trovavo alcuni sensi della vita. Avevo bisogno anche un po' di semplicità, di non stare per forza a trovare il dolore. Questa qui era una cosa più semplice, però che mi riempiva e che mi dava serenità che mi dava voglia di cercare con tranquillità».
L'ispirazione
«All'inizio non sapevo come si facesse il parroco. Banalmente un parroco che fa? Il Papa ti aiuta il passato e comunque fa cose grandi. Il Santo? Ho fatto San Francesco e c'hai una storia dietro. Il parroco come si comporta? E che tipo di persona è, come pensa, come si rapporta la gente, come ci parla? Io un po' mi sono ispirato a dei preti che ho conosciuto nel corso della mia della mia vita come padre Rick. L'ho conosciuto quando sono andato ad Haiti, dopo il terremoto è ed era un prete bellissimo con gli occhi azzurri. Lavorava in un ospedale pediatrico e cercava di curare tutti i bambini che avevano avuto problemi di salute con il terremoto o che le madri non riuscivano ad alimentarli. Cercava di mantenere questa struttura insieme alla fondazione Rava con la quale abbiamo fatto da poco anche un altro evento che si chiama "ninna. Oh". Ci sono delle culle negli ospedali per ospitare bambini per dare la possibilità alle donne che non possono mantenerli di poter lasciare il figlio in queste culle. Insomma ad Haiti sto lì e vedo questo prete che era meravigliosamente sereno, ma forte. Siccome lui faceva il bene a tutti lui riusciva a stare in mezzo alle gang nel momento in cui litigavano. Passava la sua la sua camionetta e tutti si fermavano perché arrivava lui ma. Riusciva ad aiutare tutti, quindi era super rispettato. Era un prete di strada, che ti guarda negli occhi e che non ti viene a dare la benedizione o a insegnare qualcosa, però ti aiuta ti aiuta a stare bene».
Il rapporto con Frassica
«È siciliano, quindi ti deve prima testare. I primi periodi mi studiava. Ho passato l'esame di ingresso di Frassica e poi è nata una grande amicizia».
L'amore dei fan
«Quest'estate è venuta una
nonnina con la sua nipotina a chiedere l'autografo e mi ha detto che
guardano Don Matteo insiemesenza perdersi una puntata. Mi ha fatto molto
piacere che i bambini riescono a guardare una serie su Rai 1 adesso che
ci sono tutte le piattaforme. Che un bambino di 8 anni riesce a vedere
una serie su Rai 1 per me è una veramente un motivo di orgoglio. Don
Matteo va oltre le generazioni. Spesso i film hanno i loro target, dai
18-22 ai 40-45. Anche la pubblicità si fa generalmente in linea con
quella che è la storia del film.
Gli inizi
«La prima cosa in assoluto che ho fatto è stata è stato un film dove non avevo neanche una battuta. Era con Pino Quartullo esi chiamava "Quando eravamo repressi". Poi ho fatto Mutande Pazze di Roberto D'Agostino. lo devo dire perché sennò si arrabbia e dice "Ah, mi rinneghi". Poi ho iniziato il primo film da protagonista con la Rai, erano due puntate sulla storia dei fratelli "Abbagnale", i canottieri che hanno vinto i titoli mondiali con la telecronaca di Galeazzi».
Da nuotatore ad attore
«Era il periodo in cui
nuotavo, però non avevo più i risultati ed ero un po' deluso. Mi
allenavo ma durante la gara soffrivo l'ansia da prestazione. La
competizione mi faceva stare male e a quel punto ho incominciato ha
detto "Vabbè mi comincia a fare qualche lavoretto". Insegnavo nuoto
nelle piscine, siccome facevo l'isef insegnavo anche nelle palestre un
po' alle signore. Ho fatto una richiesta all'ufficio scrittura della RAI
e per andare così a vedere le trasmissioni, sai comunque all'epoca
quando sei bambino ti fa piacere andare a vedere una trasmissione dal
vivo. Una volta mi hanno chiesto se volevo fare un balletto e ti
pagavano di più. Poi ti vedono in televisione, cioè all'epoca era una
cosa grande. Mia madre mi ha sempre detto che dovevo continuare a
studiare perché c'era ancora giustamente la concezione del famoso pezzo
di carta. Il diploma o la laurea. Dovevo fare l'esame isef per laurearmi
in scienze motorie e via dicendo. Quando ho fatto il film mi ha detto
"Ma questo è un colpo di fortuna . Hai studiato recitazioni? No, è
fortuna. Chissà quando ti ricapiterà". Da lì a poco rifaccio un altro
film e mamma "Un altro colpo di fortuna, può succedere altre cose". Poi
dopo il terzo quando ho fatto "Un piccolo grande, amore" si è fatta una
ragione. Però mi ha detto però se avvessi smesso di fare questo lavoro
dovevo continuare a studiare».
Piccolo Grande Amore
«Il primo film che che che ha cambiato un po' tutto è stato "piccolo grande, amore" di Vanzina. Ancora oggi lo trasmettono e cioè del degli audience pazzeschi e vedo che comunque piace perché era una favola. È stato il mio primo budget che mi importante. Mi ricordo che ero così felice che ho speso tutti i soldi per fare regali alle persone a cui volevo bene».
La sindrome dell'impostore
«Io ho sempre pensato come se non me lo meritassi. Ho fatto sempre una rincorsa a meritarmi quello che che ho avuto dalla vita. Infatti poi ho iniziato a fare tutti i vari corsi di recitazione perché volevo recuperare non volevo che dicessero. "Vabbè stai lì per per fortuna", volevo guadagnare ma comunque venivo fuori da una mentalità sportiva. Se dovevo essere un attore famoso devo comunque aver studiato. Mi mettevo sempre alla prova cercavo sempre di migliorarmi . Oggi c'è la tendenza ad un accento molto forte che è consentito e colora di più. Una volta non dovevi avere accenti perché sennò non lavoravi e quindi ho studiato dizione. Fai il corso di portamento, poi incomincia a fare il corso di recitazione. Cioè una cosa dire all'altra. Alla fine ho messo così tanti soldi da parte e ho fatto gli Actor Studios, che erano un po' il mito di tutti gli attori. Fare a Hollywood tutto quello studio sull'immedesimazione del personaggio era affascinante».
Collaborare con Stallone
«Avevo anche il mito dei Sylvester Stallone e sono riuscito a fare anche un film con lui in Sicilia. A me metteva soggezione, cioè pensavo Rocky. Non riuscivo neanche a guardarlo. E poi pensa che a Los Angeles andai a vivere proprio nel suo quartiere che stava a Beverly Glen, che sta Beverly Hills e Bel Air. Ci vedevamo sempre a fare la spesa e mi ha anche invitato ad allenarci insieme».
Il bacio con Madonna
«Vabbè poi anche Madonna.
Era una pubblicità. Avevo vent'anni e cercavano un attore italiano per
fare questa che potesse baciare Madonna in questo in questa pubblicità
di rossetti di Max. Ci eravamo conosciuti, noi eravamo una sera
all'anteprima del suo film e siamo capitati allo stesso tavolo. Insomma
parliamo un po' del del fatto dell'essere attore e dopo un po' è
arrivata questa notizia e anche la richiesta di far parte di questo di
questo spot. Sono andato lì ho baciato e me ne sono andato. Come è
andata? Malissimo, non sai se baciarla. Poi dice no stop eh, eh. Tu
capivi che è colpa mia? Eh? No, dice il bacio è finto perché cioè che
fai? Prendi e baci, se baci un po' di più, magari ti dice ti danno delle
indicazioni. Eh no, io sono partito proprio molto bacio così quasi
quasi, ok? Poi magari ti dicono Ecco l'italiano subito che ci prova eh.
dicono, un po' di più. Un po' più convincente, insomma piano piano a
furia di andare mi faceva vai fa dai, un bacio. Alla fine è stato un
bacio cinematografico cinematografico che sembra che sia vero».
La condanna dei belli
«Non siamo mai contenti di quello che abbiamo. Se hai la bellezza vuoi essere riconosciuto per come sei bello dentro, se sei bello dentro, però non sei bello fuori. Alla fine mi allenavo e mi sono ritrovato questo fisico. Adesso me lo tengo, cioè che ti devo dire. Non lo butto nel secchio. Adesso apprezzo molto di più quello che avevo prima è che magari contestava è che magari forse mi mi dava era un po' un ostacolo. Quando sei ragazzo, non sei mai contento. Un po' come se dovessi soffrire apposta, capito? Ti devi quasi far compatire c'è qualcosa che non va, anche perché ti dava così un senso di colpa».
Sex Symbol
«Quel periodo l'ho gestita Dda gentiluomo e non ho mai raccontato nulla. Sono sempre delle dimostrazioni di grande affetto o grande desiderio che a volte però non pensi neanche che sia dovuto a te o qualcosa che hai fatto, ma solo perché una cosa che va di moda la vogliono tutti. Mi è capitato che una persona mi chiedeva un autografo e improvvisamente incomincia a esserci una folla pazzesca, così cominciano a spingere. A un certo punto arriva una persona che vuole una foto e poi mi chiede "Senti ma chi sei?". Bellissimo, perché comunque tutti si fanno la foto con lui. Devo farla anch'io e poi capiamo».
Il rapporto con i figli
«Il più grande ha 24 anni e la più piccola 5. Sono età diverse, ma soprattutto sono anche due femmine le più piccole e due maschi più grandi. È molto interessante perché comincio ad avere un rapporto più da uomo con i miei figli e riusciamo a parlare anche di condividere tante cose no della vita, del mondo del lavoro, del mondo della dell'arte e del loro futuro. Loro sono secondo me unici nel loro carattere, quindi mi sono sempre adattato a chi avevo di fronte. Non mi sono dato delle regole a priori. Ho detto che ogni figlio ha bisogno di un rapporto speciale unico e per come è lui. Cioè non posso prevedere come educare mio figlio. Se non so chi è e che cosa funziona con lui, come approcciarlo così. Ti devi far capire da tuo figlio, non sono spesse le regole che che fanno capire ai figli, che cosa vuoi e che cosa vorresti a lui a volte. Basta ascoltare lui e parlare la sua stessa lingua. Basta osservare tuo figlio, non darlo mai per scontato. La distrazione ci fa perdere la conoscenza dei figli. Il lavoro, tutti gli impegni che ci abbiamo e il poco tempo ci fanno perdere un po' la cognizione di chi abbiamo di fronte. Se tu lo guardi tuo figlio lo riconosci e riconosce esattamente quello che pensa, quello che che vorrebbe fare e quali sono le sue le sue paure. Perché poi comunque sono sono sempre state le tue. Alla fine si trasmette anche quel DNA. I miei figli da piccoli non gradivano il fatto che erano i figli di. Infatti diciamo che poi si cambiavano pure il nome, non volevano essere riconosciuti come figli di. Adesso vivono bene la cosa. Le più piccole sono sono gasate: "Sei in televisione. Ma allora sei importante, ma tu che fai lì in televisione".
Rocio Munoz Morales
«Ora è a Madrid, sta conducendo uno
spettacolo che sta andando molto bene. Sta facendo la conduttrice di
questo spettacolo tutto da sola per tre ore senza pubblicità e devo dire
che è molto brava. il problema spesso è il tempo da passare insieme.
Bisogna ottimizzare e cercare di renderlo speciale. Io credo che quando
una persona è felice e soddisfatta, è tutto di guadagnato per una
coppia. Il rapporto funziona nel momento in cui sei felice. La tristezza
o il rancore o in generale il malumore te lo porti dietro per qualsiasi
ragione. Insomma influisce. Anche nel rapporto di coppia, quindi meglio
avere una donna felice a fianco. Dare consigli? Credo che le cose sono
differenti, sono differenze tra uomo e donna e tra cultura spagnola e
italiana. Io e lei siamo diversi proprio caratterialmente e quindi
quello che funziona per me magari non funziona per lei. Le dico le cose
che più o meno possono dire tutti. Poi lei è molto orgogliosa, li
accetta ma alla fine fa di testa sua».
«Cuando tenía cuatro años me tiraron a una piscina y empecé a nadar.Luego, con los años, uno también intenta hacer otros deportes. Para el cine entonces hay que aprender a montar a caballo, hacer esgrima, escalar y todo lo necesario para las escenas de acción. Hoy en día encima del músculo también hay un poco de hilo de grasa, que de todas formas lo suaviza. Ahora siempre hago mucha natación, alterno sesiones de sprint muy duras que dan volumen al músculo y también resistencia. También hago algo de gimnasia, yoga y pilates. Es fundamental, lo hago desde hace dos años y medio. Te da una solidez de estructura y la postura también te ayuda a sentirte mejor físicamente. Ahora mismo vengo de un momento de preparación para una película de acción, que no se rodó porque hubo un problema con el crédito fiscal. De todas formas acabé con este cuerpo, ¿qué hago con él? En vez de tirarlo lo guardo. Don Massimo tiene sus momentos de acción, va en moto, era un carabinieri infiltrado. Tiene que estar atento y saber defenderse».
«Estoy pasando un buen momento en la vida, no sé por qué razón en concreto pero estoy disfrutando mucho de las cosas que tengo. Las aprecio, sin tener demasiado esa bulimia de noticias y hechos que te tienen que pasar para darte vitalidad. Estoy viviendo plenamente las pequeñas cosas, incluidas mis hijas y mis hijos. Además, coincidió con un periodo de descanso laboral, así que también tuve tiempo para dedicarme a las pequeñas cosas. También he apreciado los momentos de diálogo, los silencios, estar juntos, ir a comprarte algo. En definitiva, salir de casa y no tener esa vida ajetreada que tienes todos los días, condicionada por un horario de trabajo, una hora de maquillaje o una escena».
La piovra
«Empecé a hacer películas de acción con La piovra, una de las series más famosas del mundo, en Rusia, en todas partes. Michele Placido era como los actores turcos (Amor sin fin, ed.) cuando vienen a Italia. Era muy famoso. Se hablaba de mafia y había mucha acción. Conocí a Gianluca Petrazzi como doble, me dio la oportunidad de aprender muchas cosas. Nunca recurrí a un doble porque yo quería hacer estas cosas de todos modos, él me lo permitió y debo decir que nació una amistad en la que luego hice todas las películas con él como asesor».
La escena más peligrosa
«Es una película que no sé si todo el mundo recuerda. Se llama 'I cavalieri che fecero l'impresa', de Pupi Avati. Rodábamos en 1200 con estos cinco caballeros que tenían que llevar el santo sudario de un lugar a otro de Italia. De hecho, llevarlo hasta Francia, con estos caballos. Llevábamos armadura. Yo era el herrero italiano y teníamos cinco sementales pura sangre. En cierto momento de la historia, estos cinco jinetes y cinco sementales están rodeados por 150 caballos. Nos llevó dos días montar esa escena porque había que colocarlo todo. Cuando dieron la claqueta, tuvimos que esperar a que esos 150 caballos se nos echaran encima de verdad. Los caballos pura sangre, sin embargo, se ponen nerviosos con facilidad y empiezan a levantarse, listos para rodar. No sé cómo salimos de aquello, si te caías al suelo allí, digamos que te quedabas'.
«Aprendí a propósito a montar a caballo y debo decirte que era lo que más temía porque el caballo es realmente imprevisible. Fue algo realmente maravilloso porque al principio había un conflicto. Quería derribarme de todas las maneras posibles, es decir, poniéndose delante, detrás bloqueando de repente la bajada. Llegó un momento en el que ya no podía ni sujetarle, cuanto más lo hacía, más le decía 'vale vete, si tienes que chocar contra algo lo haremos juntos'.¿Fin de la historia? Consigo mantenerme encima de este semental y empezamos a galopar por la orilla con el sin montura sin nada sin riendas. Empiezo a caminar hacia el Largo hasta que el caballo empieza a nadar conmigo encima, eso fue lo más bonito'.
«Por supuesto que soy fan de nuestro equipo nacional de natación. Pero siempre me planteo el sueño de ir a los Juegos Olímpicos y quizá ganarlos algún día.
Pero digo yo que quién sabe si a veces los sueños son lo que más te gratifica, el sueño mío de niño ha cambiado. Al final acabé siendo actor, y hoy te puedo decir que quizás me fue un poco mejor, porque a mis 53 años todavía tengo un poco de carrera por delante. Como deportista quizás ya sabes, a los 30-35 empiezas un poco la cuesta abajo.Vi tu entrevista con Valentino Rossi y pude percibir el miedo a abandonar. Entonces, ¿quién eres? ¿Qué haces en la vida? ¿Cómo llenas tus días? Estás acostumbrado a un cierto ritmo y de repente ya no lo tienes. Entonces empiezan a pedirte menos autógrafos y a veces ni te reconocen, ésa es la definitiva. El final es siempre algo muy parecido a un duelo».
Actuar en Don Matteo
«Nunca habría hecho el personaje de Terence por respeto a él y a todos los fans. Tampoco me hubiera apetecido, también quería mi propio espacio y mi propia identidad. No quería ir a hacer un personaje tan querido precisamente porque él lo hacía así. Tendría que haber imitado a otro actor. El propio Terence me dio su opinión, porque quería conocerle y me dijo: 'Tómate tu tiempo. Toma tu personaje, hazlo tuyo y disfrútalo y siéntete orgulloso de lo que haces. Pero que sea tuyo, no de otro'. Esto me hizo darme cuenta de que tenía que ser otro personaje, que también pudiera contar algo diferente a lo que él contaba. Mi personaje tiene 53 años, venía de un pasado como carabinero, y para mí era más interesante no ser perfecto, no ser ese cura convencido, ese cura que convence a la gente, sino el que todavía se cuestiona y el que todavía se cuestiona'.
«Como tema, el perdón, la segunda oportunidad que se da a las personas, tiene mucha fuerza en esta serie. Es un tema que el padre Massimo trata muchas veces. En mi opinión, sólo Dios puede dar el perdón. No es fácil entrar en el concepto de perdón, o en todo caso de aceptación, y tienes que hacerlo tuyo. Yo, después de 53 años, empecé a entender cómo defenderme, cada uno tiene su propio camino hacia el perdón. No guardar rencor te lleva poco a poco al perdón. Si lo piensas, quien hace algo malo, además del daño que te hace, también te hace una burla porque el perjudicado eres tú. Mejor no sufrir y no salir doblemente herido'.
«Es un mito absoluto. Cuando era niño veía todas sus películas. Es fascinante porque entonces Terence había empezado como doble de acción, así que todas las acrobacias, como las volteretas hacia atrás y los famosos puñetazos, eran reales. Giuliano Gemma, por ejemplo, también era un gran submarinista y él mismo hacía las acrobacias. A los 65 años seguía dando una voltereta y media hacia delante en un trampolín de un metro de altura. Así que realmente había atletas. Cuando uno era actor tenía que saber hacer muchas cosas, entre ellas esgrima, porque evidentemente hay películas con disfraces, montar a caballo y evidentemente había que saber rodar y toda la evolución de las caídas».
«Fue un momento en el que estaba en el coche con el productor Luca Bernabei y hablábamos de posibles proyectos. Yo le contaba lo que me gustaría hacer y le hablaba de mis ganas de buscar el alma. Me dijo: «¿Pero harías un Don Matteo?». Quizá Terence, estaba un poco cansado y entonces ya habíamos empezado a pensar. Fueron nueve meses así. Y después de un tiempo me dijo: «¿Pero realmente lo harías o no?» Porque hay esta situación, tenemos que empezar con una nueva serie y esta es la situación. En ese momento le dije que estaba de acuerdo. Estaba buscando algo que no fuera demasiado complicado, también estaba pasando por un momento realmente difícil y complicado en mi vida que no entendía. Me preguntaba pero no encontraba un sentido a la vida. También necesitaba un poco de simplicidad, de no encontrar necesariamente el dolor. Esto de aquí era una cosa más sencilla, pero que me llenaba y me daba una serenidad que me hacía querer buscar con tranquilidad».
«Al principio no sabía cómo ser cura. Trivialmente, ¿qué hace un curar? El Papa te ayuda a pasar y hace grandes cosas de todos modos. ¿El Santo? Hice San Francisco y tiene una historia detrás. ¿Cómo se comporta el párroco? ¿Qué tipo de persona es, cómo piensa, cómo se relaciona con la gente, cómo les habla? Me inspiro un poco en sacerdotes que he conocido en mi vida, como el Padre Rick. Lo conocí cuando fui a Haití tras el terremoto y era un sacerdote precioso con los ojos azules. Trabajaba en un hospital infantil e intentaba cuidar de todos los niños que se habían visto afectados por el terremoto o cuyas madres no podían alimentarlos. Intentaba mantener este centro junto con la fundación Rava, con la que hace poco hicimos otro evento llamado 'ninna. Oh'. Hay cunas en los hospitales para albergar a los bebés, de modo que las mujeres que no pueden mantenerlos pueden dejar a su hijo en estas cunas. Así que en Haití me paro allí y veo a este sacerdote que estaba maravillosamente sereno, pero fuerte. Como hacía el bien a todo el mundo, era capaz de ponerse en medio de las bandas cuando se peleaban. Pasaba su camión y todos se paraban porque él venía pero era capaz de ayudar a todo el mundo, así que era muy respetado. Era un sacerdote de la calle, que te mira a los ojos y y no viene a darte una bendición ni a enseñarte nada, sino que te ayuda a estar bien».
La relación con Frassica
'Es siciliano, así que primero tiene que examinarte. Los primeros periodos me estudió. Aprobé el examen de ingreso de Frassica y entonces nació una gran amistad'.
El amor de los fans
«Este verano vino una abuela con su nieta a pedirme un autógrafo y me dijo que veían juntas Don Matteo sin perderse ni un episodio. Me alegró mucho que los niños puedan ver una serie en Rai 1 ahora que existen todas las plataformas. Que un niño de ocho años pueda ver una serie en Rai 1 es un verdadero orgullo para mí. Don Matteo va más allá de las generaciones. Las películas suelen tener su propio público objetivo, desde los 18-22 hasta los 40-45 años. Incluso la publicidad se hace generalmente en consonancia con la historia de la película.
Los comienzos
«Lo primero que hice fue una película en la que ni siquiera tenía una línea. Fue con Pino Quartullo y se llamaba Quando eravamo repressi. Luego hice Mutande Pazze , de Roberto D'Agostino, que tengo que decir porque si no se enfada y dice 'Ah, me niegas'. Luego empecé mi primera película como protagonista con la RAI, eran dos episodios sobre la historia de los hermanos 'Abbagnale', los piraguistas que ganaron títulos mundiales con el comentario de Galeazzi'.
De nadador a actor
«Era la época en la que nadaba, pero ya no tenía resultados y estaba un poco decepcionado. Me entrenaba, pero durante la competición sufría ansiedad por el rendimiento. La competición me hizo sentir mal y en ese momento empecé a decir 'vale, voy a empezar a trabajar'. Solía enseñar natación en piscinas, desde que hacía el Isef también enseñaba un poco en gimnasios a las señoras. Hice una petición a la redacción de la RAI para ir a ver retransmisiones, ya sabes que de todos modos en la época en que eres niño te gusta ir a ver una retransmisión en directo. Una vez me preguntaron si quería hacer un ballet y te pagaban más. Entonces te ven en televisión, quiero decir que en aquella época era algo grande. Mi madre siempre me decía que tenía que seguir estudiando porque todavía existía el concepto del famoso trozo de papel. El diploma o el título. Tuve que hacer el examen del isef para licenciarme en ciencias del ejercicio y demás. Cuando hice la película me dijo 'Pero esto es un golpe de suerte . ¿Estudiaste interpretación? No, es suerte. Quién sabe cuándo te volverá a pasar'. Al cabo de un tiempo hice otra película y me dijo: «Otro golpe de suerte, pueden pasar otras cosas». Después de la tercera, cuando hice 'Piccolo grande amore', se le pasó. Pero me dijo que si dejaba de hacer este trabajo tenía que seguir estudiando'.
«La primera película que lo cambió todo un poco fue 'Piccolo grande amore', de Vanzina. Todavía hoy la proyectan y veo que sigue gustando porque era un cuento de hadas. Fue mi primer gran presupuesto. Recuerdo que estaba tan contento que me gasté todo el dinero en hacer regalos a la gente que quería».
El síndrome del impostor
«Siempre pensé que no me lo merecía. Siempre me empeñé en merecer lo que me daba la vida. De hecho, luego empecé a hacer todas las clases de interpretación porque quería compensarlo, no quería que me dijeran. «Da igual, estás ahí por suerte», yo quería ganar dinero pero seguía viniendo de una mentalidad deportiva. Si iba a ser un actor famoso aún tenía que haber estudiado. Siempre me ponía retos e intentaba mejorar. Hoy en día se tiende a un acento muy fuerte que se permite y colorea más. Antes no era necesario tener acentos porque si no, no trabajabas, así que estudié dicción. Haz el curso de dicción y luego empieza a hacer el de interpretación. Me refiero de una cosa a otra. Con el tiempo ahorré mucho dinero e hice el Actor Studios, que era un poco un mito para todos los actores. Hacer todo ese estudio de personajes en Hollywood era fascinante'.
Trabajar con Stallone
«Yo también tenía el mito de Sylvester Stallone e incluso llegué a rodar una película con él en Sicilia. Yo le admiraba, es decir, pensaba en Rocky. No podía ni verlo. Y luego piensa que en Los Ángeles me fui a vivir justo en su barrio, que estaba en Beverly Glen, que es Beverly Hills y Bel Air. Nos veíamos siempre de compras y hasta me invitó a entrenar con él'.
«Da igual, luego Madonna también. Fue en un anuncio. Yo tenía veinte años y buscaban a un actor italiano que besara a Madonna en un anuncio de pintalabios de Max. Nos habíamos conocido, estábamos una noche en el preestreno de su película y casualmente estábamos en la misma mesa. Así que estuvimos hablando un poco sobre ser actor y al cabo de un rato llegó esta noticia y también la petición de formar parte de este anuncio. Fui, me besó y me fui. ¿Cómo te fue? Terrible, no sabes si besarla. Entonces ella dice no para eh. ¿Entendiste que es mi culpa? ¿Eh? No, dice que el beso es falso porque ¿qué haces? Coges y besas, si besas un poco más, a lo mejor ella dice que coges direcciones. No, empecé con muchos besos, así que casi, ¿vale? Entonces a lo mejor te dicen Aquí está el italiano enseguida que intenta eh. dicen, un poco más. Un poco más convincente, en fin, poco a poco, a fuerza de ir, me hizo ir, un beso. Al final fue un beso de cine que parecía real'.
La condena de lo bello
«Nunca estamos contentos con lo que tenemos. Si tienes belleza quieres que te reconozcan por lo bello que eres por dentro, si eres bello por dentro, sin embargo, no lo eres por fuera. Al final me entrenaba y acabé teniendo este físico. Ahora lo conservo, qué quieres que te diga. No lo tiro al cubo. Ahora aprecio mucho más lo que tenía antes es que quizás era un poco un obstáculo. Cuando eres niño, nunca eres feliz. Es como si tuvieras que sufrir a propósito, ¿sabes? Casi tienes que compadecerte de ti mismo, algo te pasa, también porque te daba un sentimiento de culpa».
Símbolo sexual
«Llevé ese periodo como un caballero y nunca conté nada. Siempre es una muestra de mucho cariño o de mucho deseo que a veces ni siquiera piensas que es por ti o por algo que has hecho, sino simplemente porque está de moda algo que todo el mundo quiere. Hubo una persona que me pidió un autógrafo y de repente empezó a haber una multitud loca, así que empezaron a empujar. En un momento dado, una persona se acerca y quiere una foto y luego me pregunta: 'Mira, ¿quién eres?'. Es genial, porque de todas formas todo el mundo se hace una foto con él. Yo también tengo que hacerme una y entonces nos entendemos'.
«El mayor tiene 24 años y la pequeña 5. Son de edades diferentes, pero también son dos niñas la menor y dos niños mayores. Es muy interesante porque empiezo a tener una relación más de hombre con mis hijos y también podemos hablar de compartir muchas cosas de la vida, el mundo del trabajo, el mundo del arte y su futuro. En mi opinión tienen un carácter único, así que siempre me adapté a quien tenía delante. No me impuse reglas a priori. Dije que cada niño necesita una relación especial, que es único y tal como es. Es decir, no puedo predecir cómo educar a mi hijo. Si no sé quién es y qué funciona con él, cómo abordarlo así. Tienes que hacer que tu hijo te entienda, no suelen ser las normas las que hacen que tu hijo entienda, lo que quieres y lo que te gustaría de él a veces. Escúchale y habla su mismo idioma. Observa a tu hijo, nunca lo des por sentado. Las distracciones nos hacen perder de vista a nuestros hijos. El trabajo, todos los compromisos que tenemos y el poco tiempo nos hacen perder de vista a quien tenemos delante. Si miras a tu hijo le reconoces y sabes exactamente lo que piensa, lo que le gustaría hacer y cuáles son sus miedos. Porque, en cualquier caso, siempre han sido los suyos. Con el tiempo también le transmites ese ADN. A mis hijos de pequeños no les gustaba el hecho de ser hijos de. De hecho digamos que hasta se cambiaban el apellido, no querían ser reconocidos como hijos de. Ahora viven bien con ello. A las pequeñas no les importa: «Sales en la televisión. Pero entonces eres importante, pero ¿qué haces ahí en la televisión?
«Ahora está en Madrid, está presentando un programa que le va muy bien. Está presentando este programa ella sola durante tres horas sin publicidad y tengo que decir que es muy buena. El problema muchas veces es el tiempo que tenemos que pasar juntos. Hay que optimizarlo e intentar que sea especial. Creo que cuando una persona está contenta y satisfecha, todo vale la pena para una pareja. La relación funciona cuando uno es feliz. La tristeza o el resentimiento o en general el mal humor lo arrastras por cualquier motivo. En definitiva, te afecta. Incluso en la relación, así que mejor tener una mujer feliz a tu lado. ¿Un consejo? Creo que las cosas son diferentes, son diferencias entre hombres y mujeres y entre la cultura española y la italiana. Ella y yo tenemos un carácter diferente y, por tanto, lo que funciona para mí puede no funcionar para ella. Yo le digo las cosas que más o menos todo el mundo puede decir. Entonces ella es muy orgullosa, las acepta pero al final hace sus cosas'.