Durante l’ospitata di Raoul Bova e Nino Frassica sul palco dell’Ariston,
l'attore che interpreta Don Massimo avrebbe dovuto leggere un monologo
che alla fine non è stato letto per esigenze di scaletta. A RTL 102.5 durante Non Stop News con Giusi Legrenzi, Enrico Galletti e Massimo Lo Nigro, parla Luca Bernabei, l'Amministratore Delegato di Lux Vide (la società che produce molte serie tv, tra cui "Don Matteo"). “Il
monologo nasce da un’idea, da un’esigenza giusta di Raoul ovvero andare
a Sanremo e dire qualcosa sul suo personaggio e sulla figura del
sacerdote. L’idea di Raoul era raccontare il suo personaggio attraverso
qualcosa di particolare: a Sanremo molti fanno i monologhi. Ho chiamato Don Luigi Maria Epicoco,
con il quale sto lavorando ad un grandissimo progetto, e gli ho chiesto
cosa volesse dire per lui essere prete, e lui ha scritto questo
monologo. Poi, come sapete, Sanremo è travolgente e quindi c’è
stato tempo di fare solo la prima parte dello sketch e non la seconda. A
me interessava più la seconda, la prima parte era più un gioco”, svela Bernabei.
Durante el festival de San Remo los invitados Raoul Bova y Nino Frassica que estaban en el escenario del Ariston, el actor que interpreta a Don Massimo debió leer un monólogo que al final no fue leído por cuestiones de agenda. En RTL 102.5 durante Non Stop News con Giusi Legrenzi, Enrico Galletti y Massimo Lo Nigro, habla Luca Bernabei, el CEO de Lux Vide (la compañía que produce muchas series de televisión, incluida "Don Matteo"). “El monólogo nació de una idea, de una necesidad justa de Raoul, que es ir a Sanremo y decir algo sobre su carácter y la figura del cura. La idea de Raoul era contar su personaje a través de algo especial: en Sanremo muchos hacen monólogos. Llamé a Don Luigi Maria Epicoco, con quien estoy trabajando en un gran proyecto, y le pregunté qué significaba para él ser sacerdote, y escribió este monólogo. Luego, como saben, Sanremo es abrumador y por lo tanto hubo tiempo para hacer solo la primera parte del boceto y no la segunda. Me interesaba más la segunda, la primera parte era más un juego”, revela Bernabei.
Poi interviene Don Luigi Maria Epicoco, che come scrive l'Avvenire è uno dei sacerdoti più ricercati del web. Il Don ha scritto un monologo molto forte. “Ho
voluto raccontare qualcosa che mi tocca in prima persona, perché
innanzitutto io sono un prete. È sempre difficile parlare della propria
vocazione in un momento così particolare, dove c’è tanto pregiudizio sul
nostro mestiere. Mi piaceva raccontare che dietro l’etichetta che si
mette su una persona, alla fine c’è un uomo vero. Il motivo vero per cui
una persona decide di fare il prete non è quello di creare consensi o
di avere una contropartita, il motivo è la gratuità, fare le cose senza
aspettarsi nulla: questo era il significato del monologo”, dice il sacerdote.
Raoul Bova, così, si collega con RTL 102.5 dal set di "Don Matteo". “Quello
che credo importante è avere sotto la veste un uomo, un uomo che
sbaglia, che può avere dei sentimenti. Entrare in discussione con alcune
cose, il domandarsi, la pulsione che può venire dall’uomo è normale. Il
prete cerca di fare un passo in più, cerca di amare, di migliorarsi
nell’amore e questo non è facile. Da quando ho cominciato le riprese ho
applicato questo tipo di mentalità su tutto e mi sono reso conto di
quanto l’amore a volte era discriminante, nel senso che a volte non
amiamo sempre tutti, invece cercare di amare tutto e tutti è un lavoro
che mi ha fatto crescere come essere umano”, racconta. E poi legge quel monologo.
SULL’INUTILITÀ DEI PRETI
La gente pensa che fare il prete sia un mestiere.
Uno che magari si sveglia la mattina
ed è convinto di poter mettere su
una bancarella per vendere parole,
benedizioni,
e santini.
Uno pensa che basta mettersi una tonaca e la magia è fatta.
Ma la tonaca non funziona se sotto non c’è un uomo,
un uomo che sa che è il più miserabile di tutti,
eppure è stato scelto.
È difficile accettare il peso di quella tonaca che oggi appare più inzozzata dal tradimento di chi avrebbe dovuto amare
e invece se n’è solo servito.
Ma poco importa, bisogna caricarsi anche sulle spalle l’infamia degli altri.
Non si diventa preti per essere benvisti.
Si diventa preti per essere servi inutili,
Servi gratuiti.
L’amore salva solo se è gratuito.
È questo lo scopo di ogni vero amore: amare senza contraccambio.
Amare a fondo perduto.
Amare e basta.
Chi ti ama non ti dice che non soffrirai mai,
che non sbaglierai mai,
che non avrai mai paura,
ma ti dice che tu puoi vivere tutto,
accettare tutto,
affrontare tutto.
E te lo dice perché è con te.
Fare il prete non è un mestiere,
è un modo inutile di amare.
Inutile come ogni amore.
Inutile come l’aria.
Luego interviene Don Luigi Maria Epicoco, quien como escribe el Avvenire es uno de los sacerdotes más buscados en la web. El Don escribió un monólogo muy fuerte. “Quería contar algo que me toca personalmente, porque ante todo soy sacerdote. Siempre es difícil hablar de la vocación de uno en un momento tan particular, donde hay tanto prejuicio sobre nuestra profesión. Me gustaba contar que detrás de la etiqueta que se le pone a una persona, al final hay un hombre de verdad. La verdadera razón por la que una persona decide ser sacerdote no es crear consenso o tener una contrapartida, la razón es la gratuidad, hacer las cosas sin esperar nada: ese era el sentido del monólogo”, dice el sacerdote.
Así,
Raoul Bova conecta con RTL 102.5 desde el set de "Don Matteo". “Lo que creo que es importante es tener un hombre debajo de su ropa, un hombre que comete errores, que puede tener sentimientos. Entrando en discusión con algunas cosas, preguntándose, la pulsión que puede venir del hombre es normal. El sacerdote trata de dar un paso más, trata de amar, de superarse en el amor y eso no es fácil. Desde que comencé a filmar he aplicado este tipo de mentalidad a todo y me he dado cuenta de cómo a veces el amor discrimina, en el sentido de que a veces no siempre amamos a todos, sino que tratar de amar todo y a todos es un trabajo que me hizo. crecer como ser humano”, dice. Y luego lee ese monólogo.