viernes, 15 de abril de 2022

Intervista/Entrevista a Raoul




Chiedo: che ore sono lì? «Non guardo l’orologio», risponde. È il lusso che Raoul Bova si concede tra una vacanza a Mont Saint Michel con i figli grandi Alessandro Leon e Francesco, e una con le piccole Luna e Alma in mari lontani. L’attore si sta prendendo una pausa dal lavoro, frenetico, degli ultimi mesi (dal 18 maggio sarà su Canale 5 nella serie Giustizia per tutti, per la prima volta sul set con la compagna Rocio Morales), mentre noi aspettiamo il suo debutto nella tredicesima stagione di Don Matteo: alla quinta puntata entra in scena infatti Don Massimo, prete bellissimo e con un passato misterioso, mentre il parroco-investigatore interpretato da Terence Hill lascia.

Non è la prima volta che veste i panni di un religioso, aveva già recitato nelle fictionFrancescoeKarol. In che cosa è diverso Don Massimo?
«È un prete di strada, uno che come missione ha quella di trasmettere dei valori. all’inizio non è amato dai parrocchiani, e se ne lamenta con Don Matteo. Che risponde con una lettera bellissima: i preti devono essere gli ultimi, restare umili, le delusioni fanno parte del mestiere. E anche le colpe degli altri che si sono macchiati di colpe indicibili, indossando la tonaca, sono un peso che anche Don Massimo deve portare. Quindi dovrà fare una doppia fatica per guadagnarsi la fiducia delle persone, e ridiventare un loro punto di riferimento».
 

Oggi vive a Roma, crede che nelle grandi città i preti siano ancora dei riferimenti?
«Lo sono meno, oggi, indubbiamente. La dimensione di Don Matteo è più raccolta, siamo a Gubbio e Spoleto…».

Lei ha avuto un prete di culto, durante l’infanzia?
«Facevo lo scout da piccolo, ho conosciuto diversi preti che si sono succeduti nella parrocchia e nel quartiere, andavo a messa la domenica e ho fatto tutti i sacramenti. Insieme al nuoto, era una vita semplice, in cui anche quelle figure hanno formato noi ragazzi. Ma il più bravo l’ho incontrato ad Haiti».

Racconti.
«Nel 2010 sono andato ad Haiti con la Fondazione Rava, per aiutare. Lì ho conosciuto Padre Rick, un prete di trincea che combatteva per la pace tra le bande locali, poi quando c’è stato terremoto ha lavorato incessantemente nell’ospedale pediatrico e ha salvato tantissimi bambini, costruito decine di protesi. È uno che si sporca le mani e lo fa in modo totalmente disinteressato. Un gigante».

Quanto è cresciuto negli anni il suo lato spirituale?
«L’ho sempre avuto, però sicuramente la morte dei miei genitori (nel 2018 e nel 2019, ndr) e poi la pandemia, sono stati dei momenti molto bui per me. Non sapevo come fare, come reagire. E anche se sono sempre stato fortunato ad avere accanto la famiglia e le persone che amo, con la perdita di mia mamma ho barcollato, mi sono sentito solo sulla Terra, anche se soli non siamo mai e loro ci restano sempre nel cuore».

Poi c’è stata la pandemia.
«Come essere umano per un periodo non sapevo quale fosse la direzione da prendere, non avevamo certezze e ci siamo sentiti spesso senza speranza un po’ tutti. Alcuni diventavano aggressivi, altri degli automi. Mi chiedevo: che cosa posso fare? E mi sono risposto dando seguito a qualcosa che avevo iniziato nel 2016, durante il terremoto di Amatrice: sono diventato volontario effettivo della Croce Rossa. Aiutare qualcuno ha aiutato me».

Che cosa faceva esattamente?
«Si partiva al mattino con il carico di aiuti che la Croce Rossa destina a tutta una serie di persone, anche gli homeless, e glieli si portava. Facevo anche le consegne a domicilio».

Quindi qualcuno apriva la porta e si trovava davanti Raoul Bova?
«Sì, certo, ma avevamo tutti le mascherine e in quel momento le assicuro che nessuno pensava all’attore. Anche se non abbiamo potuto aiutare tutti, anche vedere il sorriso di qualcuno che riesci a risollevare per un attimo ripagava più di tutto».

È stato il suo gancio per uscire dall’inerzia?
«Stare vicino a qualcuno quando c’è una necessità forte mi ha fatto chiedere quale fosse la necessità forte anche mia e della mia famiglia. Mi sono chiesto se come cittadino anche io potevo cambiare qualcosa, in meglio, e ho capito che la lotta da fare ora è quella per salvare il pianeta. È adesso il momento di agire».

Lei quindi ha già cambiato il suo stile di vita?
«Certamente. Ad esempio per spostarmi mi sono totalmente convertito a tutto ciò che è a impatto zero e all’elettrico. Poi ho un piccolo ruolo in questo film che deve uscire, Greta e le favole vere, che si ispira a Greta Thunberg, e racconta di una bambina che convince il papà a tornare a credere alla salvaguardia dell’ambiente».

Quando Mario Draghi chiede: volete la pace o il condizionatore? Lei che cosa risponde?
«Certamente la pace, ma anche il condizionatore. Mi spiego: la bravura di Draghi sta nel fatto di avere finalmente collegato i temi della sostenibilità con quelli della guerra, perché sono legati. Però ora dobbiamo trasformare la riflessione obbligata sull’energia, che Putin ci costringe a fare, in un’opportunità per il pianeta. Si parla tanto di indipendenza energetica: speriamo che il governo investa davvero molto di più nelle rinnovabili, anziché in armi. E che dia gli incentivi perché tutti ad esempio passino a macchine più ecologiche. La decarbonizzazione da fare entro il 2040 è dietro l’angolo».

Lei come si vede nel 2040?
«Nonno. Spero che ai miei nipoti si possa passare un mondo più pulito. Se non mettiamo una luce in fondo al tunnel per i giovani, che ormai sono più pessimisti di quanto lo eravamo noi alla loro età, non ne usciamo».

Dia una speranza anche a noi: possiamo immaginare con Don Massimo una svolta romantica nella serie, alla Uccelli di rovo?
«Non posso dire niente ma… Non è da escludere nulla».

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Pregunto: ¿a qué hora están allí? "No miro mi reloj", responde. Es el lujo que se permite Raoul Bova entre unas vacaciones en el Mont Saint Michel con sus hijos mayores Alessandro Leon y Francesco, y una con las pequeños Luna y Alma en mares lejanos. El actor se toma un respiro del trepidante trabajo de los últimos meses (a partir del 18 de mayo estará en Canal 5 en Giustizia per tutti, por primera vez en plató con su pareja Rocío Morales), mientras esperamos su debut en la decimotercera temporada de Don Matteo: en el quinto episodio entra en escena Don Massimo, un hermoso sacerdote con un pasado misterioso, mientras que el párroco-investigador interpretado por Terence Hill se va. No es la primera vez que interpreta el papel de un religioso, ya había actuado en la serie de ficción Francesco y Karol.
 
 ¿En qué se diferencia Don Massimo? 
“Es un cura de la calle, alguien que tiene como misión transmitir valores. al principio no fue querido por los feligreses, y se quejó de ello a Don Matteo. Quien responde con una hermosa carta: los sacerdotes deben ser los últimos, manténganse humildes, las desilusiones son parte de la profesión. Y también las faltas de otros que se han manchado con faltas indecibles, vistiendo la sotana, son una carga que también debe llevar Don Massimo. Así que tendrá que hacer un doble esfuerzo para ganarse la confianza de la gente y volver a ser su punto de referencia».

 Hoy vives en Roma, ¿piensas que los sacerdotes siguen siendo referencias en las grandes ciudades? 

 “Hoy menos, sin duda. La dimensión de Don Matteo es más íntima, estamos en Gubbio y Spoleto…».  

¿Tuviste un sacerdote de culto durante tu infancia? 

 «Fui scout de niño, conocí a varios sacerdotes que se sucedían en la parroquia y en el barrio, iba a misa los domingos y hacían todos los sacramentos. Junto con la natación, era una vida sencilla, en la que hasta esas figuras nos formaban a los niños. Pero conocí a los mejores en Haití”.

 Cuenta.

«En 2010 fui a Haití con la Fundación Rava, a ayudar. Allí conocí al padre Rick, un sacerdote de trinchera que luchaba por la paz entre las pandillas locales, luego cuando hubo un terremoto trabajó incansablemente en el hospital infantil y salvó a muchos niños, construyó decenas de prótesis. Es alguien que se ensucia las manos y lo hace de forma totalmente desinteresada. Un gigante ". 

 ¿Cuánto ha crecido tu lado espiritual a lo largo de los años?  

“Siempre lo he tenido, pero seguramente la muerte de mis padres (en 2018 y 2019, ed) y luego la pandemia, fueron momentos muy oscuros para mí. No sabía cómo hacerlo, cómo reaccionar. Y aunque siempre he tenido la suerte de tener a mi lado a mi familia y a las personas que amo, con la pérdida de mi madre me tambaleé, me sentí solo en la Tierra, aunque nunca estemos solos y siempre permanezcan en nuestros corazones” .

 Luego estaba la pandemia.

 “Como ser humano durante un tiempo no sabía qué dirección tomar, no teníamos certezas y muchas veces nos sentíamos casi desesperanzados todos nosotros. Algunos se volvieron agresivos, otros autómatas. Me preguntaba: ¿qué puedo hacer? Y respondí dando seguimiento a algo que había iniciado en 2016, durante el terremoto de Amatrice: me convertí en un voluntario efectivo de la Cruz Roja. Ayudar a alguien me ayudó a mí.' 

¿Qué hizo exactamente? 

“Salimos por la mañana con la carga de ayudas que Cruz Roja destina a toda una serie de personas, incluso a los sin techo, y se las llevamos. También hacía entregas a domicilio». 

¿Entonces alguien abrió la puerta y Raoul Bova estaba frente a él? 

“Sí, claro, pero todos teníamos máscaras y en ese momento les aseguro que nadie estaba pensando en el actor. Incluso si no hemos podido ayudar a todos, incluso ver la sonrisa de alguien que logras levantar por un momento valió la pena más que nada". 

 ¿Fue su anzuelo para salir de la inercia?

 "Estar cerca de alguien cuando hay una gran necesidad me hizo preguntarme cuál era también la gran necesidad para mí y mi familia. Me pregunté si como ciudadano yo también podría cambiar algo, para mejor, y me di cuenta de que la lucha por hacer ahora es para salvar el planeta. Ahora es el momento de actuar. " 

Entonces, ¿ya has cambiado tu estilo de vida? 

"Por supuesto. Por ejemplo, para moverme me convertí totalmente a todo lo que sea de impacto cero y eléctrico. Luego tengo un pequeño papel en esta película que tiene que salir, Greta e le favole vere, que está inspirada en Greta Thunberg, y habla de una niña que convence a su padre de volver a creer en la protección del medio ambiente”.

 Cuando Mario Draghi pregunta: ¿quieres paz o aire acondicionado? ¿Qué respondes? 

«Ciertamente la paz, pero también el acondicionado. Me explico: la habilidad de Draghi radica en que finalmente ha vinculado los temas de la sustentabilidad con los de la guerra, porque están vinculados. Pero ahora debemos transformar la obligada reflexión sobre la energía, a la que nos obliga Putin, en una oportunidad para el planeta. Se habla mucho de independencia energética: esperemos que el gobierno realmente invierta mucho más en renovables que en armamento. Y que da incentivos para que todos cambien a coches más ecológicos, por ejemplo. La descarbonización a realizar para 2040 está a la vuelta de la esquina”. 

¿Cómo te ves en 2040? 

"No no. Espero que mis nietos puedan tener un mundo más limpio. Si no ponemos una luz al final del túnel para los jóvenes, que ahora son más pesimistas que nosotros a su edad, no saldremos de ella». 

 Danos esperanza también: ¿podemos imaginar un punto de inflexión romántico en la serie con Don Massimo, a lo Uccelli di rovo?

 "No puedo decir nada pero... No se puede descartar nada".

 

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