jueves, 17 de octubre de 2024

(Intervista/Entrevista) Raoul Bova: «Mi piacerebbe essere per i miei figli la stessa guida che mio padre era per me. Francesca Fagnani? Ognuno fa il suo lavoro, non c'è spazio per il rancore»/«Me gustaría ser para mis hijos el mismo guía que mi padre fue para mí». ¿Francesca Fagnani? Cada uno hace su trabajo, no hay lugar para el rencor».


 Al bar dell'hotel Principe di Savoia dove abbiamo appuntamento Raoul Bova si presenta con un lungo cappotto scuro, una confezione di ibuprofene nella mano destra e un libro dalla copertina spiegazzata, Uno psicologo nei lager di Viktor E. Frankl, nella mano sinistra. «Quando ho letto questo libro mi è venuta l'idea di farci uno spettacolo - arriverà al Teatro Parioli il 27 novembre con il titolo Il nuotatore di Auschwitz - perché questo testo dimostra che siamo pronti a reagire e ad andare avanti solo se abbiamo un programma futuro o un obiettivo che ci dia vita e speranza», racconta Bova sorseggiando un caffè nero e mangiucchiando un biscottino di pasta frolla. Mentre parla della storia di Viktor, il nuotatore rinchiuso ad Auschwitz che si aggrappa alla speranza di poter rivedere sua moglie per sopravvivere alle angherie delle guardie che gli dicono che se non recupererà una monetina dal fondo di un bacino idrico gelato ammazzeranno 6 dei suoi compagni a bruciapelo, Raoul rivela negli occhi la stessa tenerezza di Don Massimo, il personaggio cui ha dato vita nelle ultime stagioni di Don Matteo che torna con una nuova stagione - sempre prodotta da Lux Vide, società del gruppo Fremantle, e sempre trasmessa su Rai1 - a partire da giovedì 17 ottobre.
 
En el bar del hotel Principe di Savoia, donde tenemos una cita, Raoul Bova se presenta con un largo abrigo oscuro, un paquete de ibuprofeno en la mano derecha y un libro con la cubierta arrugada, Un psicólogo en los lagartos, de Viktor E. Frankl, en la izquierda. «Cuando leí este libro, tuve la idea de hacer una obra de teatro a partir de él -llegará al Teatro Parioli el 27 de noviembre con el título Il nuotatore di Auschwitz-, porque este texto demuestra que sólo estamos preparados para reaccionar y avanzar si tenemos un plan de futuro o un objetivo que nos dé vida y esperanza», dice Bova sorbiendo un café solo y mordisqueando una galleta de mantequilla. Mientras habla de la historia de Viktor, el nadador encarcelado en Auschwitz que se aferra a la esperanza de poder volver a ver a su mujer para sobrevivir al acoso de los guardias que le dicen que si no recupera una moneda del fondo de un embalse helado matarán a seis de sus compañeros a quemarropa, Raoul revela en sus ojos la misma ternura que Don Massimo, el personaje al que dio vida en la última temporada de Don Matteo, que regresa con una nueva temporada -de nuevo producida por Lux Vide, sociedad del grupo Fremantle, y de nuevo emitida en Rai1- a partir del jueves 17 de octubre.
 
Lei a cosa si aggrappa per sopravvivere?
«Alle storie che leggo e ai personaggi che interpreto. Anche io, come Viktor, ho una parte istintiva che mi porta ad avere uno spirito di sopravvivenza forse inconsapevole. Quelli che non ce l'hanno, purtroppo, non sono destinati ad andare avanti a lungo».
 
¿A qué te aferras para sobrevivir?
«A las historias que leo y a los personajes que interpreto. Yo también, como Viktor, tengo una parte instintiva que me lleva a tener espíritu de supervivencia, quizá inconscientemente. Los que no lo tienen, por desgracia, no están destinados a seguir mucho tiempo». 

Viktor è uno psicologo: non pensa che recitare porti un po' a esserlo?
«Molto, infatti è la cosa che più mi appaga di questo lavoro. È molto interessante entrare nel punto di vista di un altro: avere un'altra vita, seppure sulla scena, lo considero un grande regalo perché mi permette di calarmi letteralmente nei panni di qualcun altro. La magia del cinema è questa: poter creare il proprio percorso e diventare un certo personaggio, chiedendoti tutto di lui. Che infanzia ha avuto, che rapporto ha avuto con i suoi genitori e il resto».
 
Viktor es psicólogo: ¿no crees que actuar te lleva un poco a serlo?
«Muchísimo, de hecho es lo que más me llena de este trabajo. Es muy interesante meterse en el punto de vista de otra persona: tener otra vida, aunque sea en el escenario, lo considero un gran regalo porque me permite meterme literalmente en la piel de otra persona. Esa es la magia del cine: poder crear tu propio camino y convertirte en un determinado personaje, preguntándote todo sobre él. Qué infancia tuvo, qué relación mantuvo con sus padres y el resto». 
 
Se lo sarà chiesto anche per Don Massimo che, da quando è entrato in Don Matteo, mi sembra che sia stato ben accolto dal pubblico. Non crede?
«Al di là del dato oggettivo di una serie, che può risultare accattivante o meno per un certo tipo di pubblico, posso dire che la gente ha apprezzato una fiction che si sta rinnovando e cerca di stare al passo con i tempi, affrontando addirittura un passaggio di consegne importante. Nessuno voleva sostituire nessuno, sarebbe stato ingiusto per Terence (Hill, ndr), tenendo conto che lui stesso mi ha detto di prendermi la mia strada e il mio spazio. Don Massimo è un prete imperfetto, umano, che ha la possibilità e la voglia di crescere, e questo mi piace molto di lui. Senza contare che nelle puntate parliamo spesso di perdono e di seconde opportunità».

También te habrás preguntado por Don Massimo que, desde que se unió a Don Matteo, me parece que ha sido bien recibido por el público. ¿No te parece?
«Más allá del dato objetivo de una serie, que puede gustar o no a un determinado tipo de público, puedo decir que la gente ha apreciado un drama que se renueva e intenta estar a la altura de los tiempos, incluso afrontando un relevo importante. Nadie quería sustituir a nadie, habría sido injusto para Terence (Hill, ed), teniendo en cuenta que él mismo me dijo que tomara mi propio camino y mi propio espacio. Don Massimo es un sacerdote imperfecto, humano, que tiene la posibilidad y el deseo de crecer, y eso me gusta mucho de él. Por no hablar de que en los episodios hablamos a menudo del perdón y de las «segundas oportunidades».

Lei perdona?
«Ho sempre inteso il perdono come qualcosa che può dare solo Dio: noi possiamo solo comprenderlo e, nel caso, accettarlo per come siamo. Perdonare significa tante cose: accettare lo sbaglio di una persona, ma anche mettere da parte il rancore e l'orgoglio. Sono, però, cose che fanno male più a te che alla persona che incorre in quell'errore. È un girone dell'Inferno».

Don Massimo è un guida per i suoi parrocchiani. I punti di riferimenti di Raoul Bova chi sono stati?
«Il primo tra tutti è stato mio padre, che ho contestato e con il quale mi sono anche scontrato a volte. Nel suo complesso è stato un esempio importantissimo, gli volevo tanto bene - (Raoul Bova si commuove e chiede un attimo per ricomporsi). Ad Haiti ho, però, incontrato anche un prete, padre Rick, che teneva a bada le gang di quartiere cercando di mettere pace e di dare degna sepoltura alle persone: è un uomo che mi ha dato tanto. Così come mi hanno dato tanto molti registi e attori con i quali ho lavorato, da Giancarlo Giannini a Lina Wertmüller. Cito, però, anche Madre Teresa di Calcutta, che è stata una guida importante per me».

Lei pensa di essere una guida per qualcuno?
«Non mi sono mai posto questa domanda e non me la sono mai messa come responsabilità anche se, avendo quattro figli, mi piacerebbe che un domani pensassero di me quello che io pensavo di mio padre. Faccio un lavoro molto esposto, ma questo non vuol dire che devo comportarmi da santino, anzi. Il fatto di sbagliare e di ammettere di aver sbagliato fa parte dell'essere umano e penso che sia un valore aggiunto. Voglio, però, dedicare un pensiero anche tutti i ragazzi che mi hanno detto di essere diventati militari, poliziotti o carabinieri grazie a me, perché Ultimo è stato per loro una guida. Un fenomeno straordinario, se ci penso».

¿Tú perdonas?
«Siempre he entendido el perdón como algo que sólo Dios puede dar: nosotros sólo podemos entenderlo y, si es necesario, aceptarlo tal como somos. Perdonar significa muchas cosas: aceptar el mal de una persona, pero también dejar a un lado el resentimiento y el orgullo. Sin embargo, son cosas que te hacen más daño a ti que a la persona que comete ese error. Es un círculo infernal».

El padre Massimo es un guía para sus feligreses. ¿Quiénes han sido los referentes de Raoul Bova?
El primero de ellos fue mi padre, a quien desafiaba y con quien también chocaba a veces. En general fue un ejemplo muy importante, le quise mucho - (Raoul Bova se emociona y pide un momento para serenarse). Pero en Haití también conocí a un sacerdote, el Padre Rick, que mantenía a raya a las bandas del barrio intentando poner paz y dar una sepultura digna a la gente: es un hombre que me ha dado mucho. Al igual que muchos directores y actores con los que he trabajado, desde Giancarlo Giannini a Lina Wertmüller, me han dado tanto. Pero también menciono a la Madre Teresa de Calcuta, que fue una guía importante para mí». 

¿Cree que eres un guía para alguien?
«Nunca me he hecho esa pregunta y nunca me lo he puesto como responsabilidad aunque, teniendo cuatro hijos, me gustaría que el día de mañana pensaran de mí lo que yo pensaba de mi padre. Hago un trabajo muy expuesto, pero eso no significa que tenga que actuar como un santo, al contrario. Cometer errores y admitir que te equivocas forma parte del ser humano y creo que es un valor añadido. Pero también quiero dedicar un pensamiento a todos los jóvenes que me han dicho que se hicieron soldados, policías o carabinieri gracias a mí, porque Ultimo fue una guía para ellos. Un fenómeno extraordinario, si lo pienso».

Ultimamente la cercano spesso per interpretare delle guide: è successo con Don Matteo, ma anche per i Fantastici Cinque. Che risposta si è dato?
«Forse perché mi piacciono le sfide. Credo tanto nella trasformazione del nostro essere in qualcosa di speciale, così come credo nella possibilità di autodistruggerci: se lasciamo qualche idea o imprinting a qualcuno, può essere utile».

Tante persone vorrebbero lasciare qualcosa prima di andarsene. Lei ha mai voluto essere ricordato?
«Da piccolo avevo paura di non lasciare niente a questo mondo. Pensavo che la vita dovesse per forza lasciare qualcosa. Sono guarito quando ho capito che, anziché l'ossessione di lasciare, bisognava avere la voglia di lasciare».

Nelle ultime interviste che sta rilasciando viene fuori una profondità che prima si vedeva meno: cosa è cambiato?
«La vita ti porta a chiuderti spesso perché soffri e stai male. Quando succede, non senti di voler condividere niente con nessuno: per 10 anni mi sono sentito così, considerando che ho affrontato tante difficoltà e situazioni spiacevoli, incluso un divorzio. Si tratta di eventi che, per forza di cose, ti cambiano anche se, quando vivi quel tipo di tormento, senti il bisogno di non parlare così nessuno potrà farti male, sperando di difendere te stesso. Succede anche in aereo».

In che senso?
«In aereo, quando cala la mascherina, gli assistenti di volo dicono prima di infilarsela e poi di aiutare chi è vicino: se stai bene tu puoi fare tanto per gli altri. O, almeno, io la vedo così».

 Últimamente te buscan a menudo para que haga de guía: ocurrió con Don Matteo, pero también con I Fantastici 5. ¿Qué respuesta te diste a timismo?
«Quizá porque me gustan los retos. Creo tanto en la transformación de nuestro ser en algo especial, como en la posibilidad de la autodestrucción: si dejamos alguna idea o huella a alguien, puede ser útil».

A mucha gente le gustaría dejar algo antes de irse. ¿Alguna vez ha querido ser recordado?
«De niño, tenía miedo de no dejar nada en este mundo. Pensaba que la vida tenía que dejar algo atrás. Me curé cuando me di cuenta de que, en lugar de la obsesión por irse, había que tener el deseo de irse».

En las últimas entrevistas que estás concediendo, aflora una profundidad que antes era menos evidente: ¿qué ha cambiado?
'La vida te lleva muchas veces a encerrarte en ti mismo porque estás sufriendo y enfermo. Cuando eso ocurre, sientes que no quieres compartir nada con nadie: durante 10 años me sentí así, teniendo en cuenta que me enfrenté a muchas dificultades y situaciones desagradables, incluido un divorcio. Son acontecimientos que, por necesidad, te cambian aunque, cuando vives ese tipo de tormento, sientes la necesidad de no hablar para que nadie pueda hacerte daño, con la esperanza de defenderte. También ocurre en el avión.

 In cosa si sente cresciuto rispetto a prima?
«Penso di essere cresciuto quando ho imparato a relativizzare tutto: è un esercizio che mi ha aiutato a conservare la mia essenza togliendo agli altri il potere di togliermi energia e la possibilità di salire. La vita è un attimo, e nessuno può permettersi di frenare quella bellissima scoperta».

In questa scoperta, in quasi tutte le interviste le fanno una domanda o sulla bellezza o sul tempo che passa: si è stancato di rispondere?
«Io accetto tutto. Mi piacerebbe affrontare temi diversi, ma se arrivano domande di questo tipo è perché forse chi le formula non ha troppo interesse a conoscermi. Fortunatamente, però, c'è sempre qualcosa da dire, perché non c'entra tanto il progetto che promuovi ma l'anima che ci hai messo a realizzarlo».

Alla luce di questo, pensa di essere stato capito dal pubblico e dalla stampa finora?
«Non potrei mai pretendere questo. Credo di essere in continua evoluzione come tutti: in questi anni sono cambiato nell'approccio, visto che in passato una timidezza poteva essere scambiata per scontrosità. Senza contare che spesso si crea confusione tra il personaggio pubblico e il personaggio che interpreti sulla scena. Non pretendo di essere capito al 100% perché, probabilmente, non mi capisco al 100% neanch'io».

Chiudiamo nel segno della piccantezza: dopo che a Ciao Maschio ha commentato in maniera critica la sua ospitata a Belve, Francesca Fagnani l'ha cercata?
«No. Alla fine ognuno fa il suo lavoro, non c'è spazio per il rancore. Francesca è una persona molto intelligente, ed è per questo che penso che un po' di sano divertimento e piccamento ci stia. L'importante è sdrammatizzare, ci sono cose ben più gravi per cui arrabbiarsi».

 ¿En qué sientes que has crecido en comparación con antes?
«Creo que crecí cuando aprendí a relativizarlo todo: es un ejercicio que me ayudó a preservar mi esencia quitando a los demás el poder de quitarme la energía y la posibilidad de elevarme. La vida es un momento, y nadie puede permitirse frenar ese hermoso descubrimiento».

En ese descubrimiento, en casi todas las entrevistas te hacen una pregunta o sobre la belleza o sobre el paso del tiempo: ¿te cansas de contestar?
Acepto todo. Me gustaría tratar temas diferentes, pero si llegan esas preguntas es quizá porque quienes las hacen no están demasiado interesados en conocerme. Afortunadamente, sin embargo, siempre hay algo que decir, porque no se trata tanto del proyecto que promueves como del alma que pones en él.

En vista de ello, ¿cree que hasta ahora hsa sido comprendido por el público y la prensa?
«Nunca podría afirmar eso. Creo que estoy en constante evolución, como todo el mundo: en los últimos años he cambiado de enfoque, ya que antes la timidez podía confundirse con la hosquedad. Por no hablar de que a menudo hay confusión entre la persona pública y el personaje que interpretas en el escenario. No pretendo que me entiendan al cien por cien porque probablemente yo tampoco me entiendo al cien por cien».

 Cerremos en nombre de la picaresca: después de que comentarás en Ciao Maschio tu aparición como invitado en Belve , ¿te buscó Francesca Fagnani?
«No. Al final cada uno hace su trabajo, no hay lugar para el rencor. Francesca es una persona muy inteligente, y por eso creo que un poco de sana diversión y cachondeo está bien. Lo importante es quitarle importancia, hay cosas mucho más serias por las que enfadarse. 


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