domingo, 24 de noviembre de 2024

Raoul Bova commuove con la prima replica calabrese de “Il nuotatore di Auschwitz” a Lamezia/Raoul Bova conmueve con la primera representación calabresa de «El nadador de Auschwitz» en Lamezia


Una storia vera intrisa di emozioni e di riflessioni profonde. “Il nuotatore di Auschwitz”, andato in scena, in prima nazionale, ieri sera al Teatro Grandinetti Comunale di Lamezia Terme, nella prima delle due repliche calabresi che ha registrato il sold out, è un racconto che lascia l’amaro in bocca per la sua drammaticità.
 
Gli orrori della guerra e delle atrocità vissute dai due protagonisti Alfred Nakache e Viktor E. Frankl hanno avuto in Raoul Bova un interprete sensibile e carismatico. L’evento, organizzato da AMA Calabria è sostenuto dall’Assessorato alla Cultura della Regione Calabria – Settore Teatro.

“Immerso” in una scenografia essenziale, in cui le luci assumono il simbolo delle corsie di una piscina o di rotaie sulle quali durante la Seconda Guerra Mondiale viaggiavano i treni della morte, carichi di detenuti che avevano poche speranze di ritornare a “respirare” l’aria della libertà, Raoul Bova ricopre tre ruoli: il narratore, Alfred Nakache e Viktor E. Frankl. Le tre figure sottolineano e narrano come la forza della speranza riesca a vincere su ogni cosa, persino sulla morte.

Alfred Nakache è stato un nuotatore di origine ebraica che, paradossalmente, da bambino aveva paura del mare. Sono i suoi ricordi di bambino a dare inizio al racconto in cui l’acqua è l’elemento dominante nello spettacolo, é la linfa vitale nella quale ha trovato la sua dimensione naturale. Nel buio del palcoscenico, si innalza del fumo che ricorda la leggerezza provata mentre si è immersi in mare.

In Algeria, il piccolo Alfred ha paura di nuotare, ma con il tempo riesce a trasformare le sue paure in forza, diventando campione di nuoto.
Con le sue numerose vittorie raggiunge record incredibili. Trasferitosi in Francia, nella sua amata Parigi, viene considerato un eroe, fin quando non arrivano i nazisti a ribaltare la sua vita. Raoul Bova riesce a mescolare il racconto mentre si rivolge agli spettatori, e i ricordi che pesca dal suo leggio, dove sono racchiusi i pensieri più profondi di Alfred.

Essere ebreo lo rende inviso anche agli amici e ai compagni di squadra. Passando dalle vittorie agli insulti, la storia del nuotatore diventa infernale. Drammatico è il momento in cui l’attore con grande partecipazione narra del viaggio in treno, ammassato a numerose persone accomunate dallo stesso destino: essere reclusi nel campo di concentramento di Auschwitz, luogo in cui Nakache, oltre ad essere privato dello sport che amava tanto, viene separato dai suoi affetti familiari, sua moglie e sua figlia.

In quel momento realizza che i suoi sogni si sono infranti davanti a tanta barbarie, ma non si dà per vinto e trova spazio nel coraggio, nella forza di volontà e nella determinazione che gli permettono di resistere ai tanti orrori cui ha assistito e dei quali è stato oggetto.

In quello stesso lager, a vivere la comune esperienza, è lo psichiatra austriaco Viktor E. Frankl che, al contrario di Alfred Nakache, reagisce a quel dramma in maniera meno istintiva, quasi teorizzata. Alla stessa maniera dei due leggii posti sul proscenio, le due figure posso essere considerate una il riflesso dell’altra, entrambe capaci di reagire alle sofferenze, seppur in maniera diversa. Nonostante la prigionia, Nakache è riuscito a ritrovare la voglia di allenarsi e di nuotare, così come Frankl non ha smesso di seguire il suo percorso di studioso.

La fine di quel periodo brutale ha riportato a nuova vita i due personaggi anche attraverso la ricerca della fede: il nuotatore è tornato a vincere, aggiungendo altri record e altre medaglie, lo psichiatra ha scritto un libro “Uno psicologo nei lager” sull’esperienza vissuta.
“Il nuotatore di Auschwitz”, diretto egregiamente da Luca De Bei, attraverso le tribolazioni dei due personaggi lascia un profondo messaggio: anche attraverso la sofferenza è possibile reagire e guardare con ottimismo al futuro, trovando in sé stessi la forza di dare un senso alla propria vita.

Raoul Bova nel suo triplice difficile ruolo riesce a strappare applausi e a far entrare gli spettatori in un mondo che ha lasciato cicatrici profonde nell’umanità. La sua capacità interpretativa e la sua sensibilità lo rendono attore maturo e artista capace di dare vita ai propri sentimenti e alle proprie emozioni, sfociate in una evidente commozione. Un momento molto sentito e coinvolgente, durante il quale i lunghi applausi del pubblico sono apparsi come un profondo e intenso simbolico abbraccio.


 Una historia real cargada de emoción y profunda reflexión. «El nadador de Auschwitz», representada anoche en estreno nacional en el Teatro Grandinetti Comunale de Lamezia Terme, en la primera de las dos funciones con entradas agotadas en Calabria, es una historia que deja un amargo sabor de boca por su dramatismo.
 
Los horrores de la guerra y las atrocidades vividas por los dos protagonistas Alfred Nakache y Viktor E. Frankl tuvieron en Raoul Bova un intérprete sensible y carismático. El acto, organizado por AMA Calabria, cuenta con el apoyo del Departamento de Cultura de la Región de Calabria - Sector Teatro.

«Inmerso» en un decorado esencial, en el que las luces adquieren el simbolismo de los carriles de una piscina o de los raíles sobre los que viajaban los trenes de la muerte durante la Segunda Guerra Mundial, cargados de prisioneros que tenían pocas esperanzas de volver a “respirar” el aire de la libertad, Raoul Bova interpreta tres papeles: el narrador, Alfred Nakache y Viktor E. Frankl. Las tres figuras subrayan y narran cómo el poder de la esperanza consigue vencerlo todo, incluso la muerte.

Alfred Nakache era un nadador de origen judío que, paradójicamente, de niño tenía miedo al mar. Son sus recuerdos de niño los que inician el relato en el que el agua es el elemento dominante de la representación, es la sangre vital en la que encontró su dimensión natural. En la oscuridad del escenario, el humo se eleva para recordar la ligereza experimentada al sumergirse en el mar.

En Argelia, el pequeño Alfred tiene miedo de nadar, pero con el tiempo consigue transformar sus temores en fuerza, convirtiéndose en un campeón de natación.
Con sus numerosas victorias, logra récords increíbles. Se traslada a su amada París, en Francia, y es considerado un héroe, hasta que llegan los nazis para poner su vida patas arriba. Raoul Bova consigue mezclar la narración de historias mientras se dirige al público y los recuerdos que extrae de su atril, donde se encuentran los pensamientos más profundos de Alfred.

Ser judío le hace ser odiado incluso por sus amigos y compañeros de equipo. Pasando de las victorias a los insultos, la historia del nadador se convierte en un infierno. Dramático es el momento en que el actor, con gran participación, narra el viaje en tren, hacinado con numerosas personas que comparten el mismo destino: ser encarcelado en el campo de concentración de Auschwitz, lugar donde Nakache, además de verse privado del deporte que tanto amaba, es separado de sus afectos familiares, de su mujer y de su hija.

En ese momento se dio cuenta de que sus sueños se habían hecho añicos ante tanta barbarie, pero no se rindió y encontró el valor, la fuerza de voluntad y la determinación para resistir a los muchos horrores de los que había sido testigo y víctima.

En ese mismo lager, viviendo la experiencia común, se encuentra el psiquiatra austriaco Viktor E. Frankl que, a diferencia de Alfred Nakache, reacciona ante ese drama de forma menos instintiva, casi teorizada. Al igual que los dos atriles colocados en el proscenio, las dos figuras pueden considerarse una reflejo de la otra, ambas capaces de reaccionar ante el sufrimiento, aunque de manera diferente. A pesar de su encarcelamiento, Nakache consiguió recuperar sus ganas de entrenar y nadar, del mismo modo que Frankl no dejó de seguir su camino de erudito.

El final de ese periodo brutal también devolvió a la vida a los dos personajes a través de la búsqueda de la fe: el nadador volvió a ganar, sumando más récords y más medallas, el psiquiatra escribió un libro «Un psicólogo en las lagunas» sobre su experiencia.
«Il nuotatore di Auschwitz», excelentemente dirigida por Luca De Bei, a través de las tribulaciones de los dos personajes deja un profundo mensaje: incluso a través del sufrimiento es posible reaccionar y mirar con optimismo al futuro, encontrando en uno mismo la fuerza para dar sentido a la propia vida.

Raoul Bova, en su difícil triple papel, consigue arrancar aplausos y adentrar al público en un mundo que ha dejado profundas cicatrices en la humanidad. Su capacidad interpretativa y su sensibilidad hacen de él un actor maduro y un artista capaz de dar vida a sus sentimientos y emociones, dando lugar a una emoción evidente. Un momento muy sentido y envolvente, durante el cual los largos aplausos del público se mostraron como un profundo e intenso abrazo simbólico.