Sapevamo che Raoul Bova è un volontario della Croce Rossa. Sapevamo anche che, nel pieno dell’emergenza Covid, aveva messo a disposizione dell’associazione la sua masseria in Puglia. Ma credeteci: vederlo giocare con i bambini di un campo profughi siriano, o camminare tra i palazzi sventrati di Aleppo e le rovine di Palmira (la città-museo violentata dall’Isis), è tutta un’altra cosa. È successo alla Mostra del cinema di Venezia, dove abbiamo incontrato l’attore, che ha presentato “The lost beauty - La bellezza perduta: Siria”.
Non stiamo parlando di un semplice “spot”, ma di un intero documentario girato in posti pericolosi e inaccessibili, che Bova ha raggiunto solo grazie ai permessi accordati alla Croce Rossa. E che sarà seguito, se il piano andrà in porto, da altri sette film in altrettanti Paesi. Un progetto enorme. Ma lasciamo parlare lui...
Raoul, come è nato questo film?
«Ho detto agli
amici della Croce Rossa: sono uno dei vostri 150.000 volontari. Voglio
aiutare. Cosa posso fare? E loro mi hanno proposto di andare a visitare i
Paesi dove operano e che sono stati devastati dalla guerra. Non per
celebrare la morte, ma la vita che continua. I volontari che portano il
loro aiuto ogni giorno. I bambini che giocano tra le macerie. Abbiamo
cominciato con la Siria, che secondo gli osservatori internazionali è il
Paese più violento al mondo. Ma non ci fermeremo: l’idea è di girare
otto documentari in tutto».
È stato difficile arrivare in Siria?
«Molto. Ci
sono voluti mesi per ottenere tutti i permessi, e anche dopo ci siamo
dovuti adeguare alle difficoltà del viaggio. All’inizio saremmo dovuti
arrivare a Damasco in aereo, poi il piano è cambiato. Prima tappa a
Beirut, dove abbiamo anche mostrato gli effetti della spaventosa
esplosione al porto del 2020. E poi da lì, passando tra le montagne,
abbiamo varcato il confine in auto. Abbiamo attraversato la Siria
facendo tappa a Damasco, Aleppo, Palmira. E anche al monastero cristiano
di Santa Tecla, dove ancora si parla la lingua di Gesù, l’aramaico.
Dovevamo sempre arrivare a destinazione prima di sera: col buio le
strade sono troppo pericolose».
Cosa ha trovato in questo viaggio?
«Ho toccato
con mano la ferocia dell’uomo. Ma ho conosciuto anche la solidarietà e
tante persone meravigliose pronte ad aiutare. Anch’io ho voluto aiutare:
per usare le parole di papa Francesco, mi sento “un artigiano della
pace”».
L’abbiamo vista giocare con i bambini per le strade e nei campi profughi.
«Ora
vorrei portare con me il sorriso di quei ragazzini che ridono e giocano
anche tra le rovine. Penso che se ci riescono loro, noi che abbiamo
tutto quello che ci serve abbiamo il dovere di non lamentarci. Di essere
felici».
Quali sono state le tappe che l’hanno colpita di più?
«Ad Aleppo ho visitato il nuovo ospedale della Mezzaluna rossa (la “gemella” araba della Croce Rossa, ndr)
dopo che quello precedente è stato completamente distrutto. Lì ho
incontrato un uomo che è diventato volontario il giorno dopo che le
bombe avevano ucciso i suoi cari. E poi Palmira, dove i terroristi hanno
devastato monumenti antichissimi. Perché distruggere tutta questa
bellezza? Per dire: “Voi non esistete”? Per calare il sipario su una
cultura? Ma il sipario si rialza sempre. Sempre».
Nel film si commuove e parla anche dei suoi genitori.
«Avrei
voluto raccontare questo viaggio a mio padre e mia madre che non ci
sono più. Ma in qualche modo credo che mi vedano, che mi abbiano fatto
venire qua, che siano fieri di questa mia esperienza».
Si è commossa anche Rocío, a Venezia come madrina. Ci ha
detto: «Raoul ha fatto una cosa bellissima». E a lei che effetto ha
fatto, vederla aprire e chiudere la Mostra?
«Io sono
abituato a vederla come mamma. E ora la scopro anche madrina... Le viene
molto bene. Dentro ha tanta emozione ma poi, mentre è sul palco, fa
tutto con naturalezza, con tranquillità. È stata molto attenta, molto
preparata, ha scelto con cura ogni particolare, ha studiato tanto. E
tutto da sola. Insomma, ha preso il ruolo con grande impegno e cura,
come fa sempre».
E ora cosa la aspetta?
«Torno subito sul set di
“Buongiorno, mamma!”: a Roma stiamo girando la seconda stagione.
Attendetevi molte sorprese, ma non posso dire altro».
E poi c’è “Don Matteo”. Anzi Don Massimo... ha fatto ascolti record e già si parla della prossima stagione, la numero 14!
«Sono
molto contento del successo della serie. E sono onorato di essere
entrato in una produzione storica come questa e di proseguire il cammino
che ha percorso Terence Hill per tanti anni. Lui ha creato un’atmosfera
talmente bella che si sente ancora adesso. Quel set è un posto
speciale».
Al cinema la rivedremo? Manca da un po’...
«Poco
prima di Natale uscirà “The Christmas Show”, la commedia di Alberto
Ferrari che ho girato a Lecce assieme a Tullio Solenghi, Ornella Muti,
Serena Autieri e Francesco Pannofino».
E poi l’anno prossimo, dopo Rocío, potrebbe fare anche lei il
“padrino” della Mostra. In fondo c’è già stato il precedente di
Alessandro Borghi nel 2017...
«No no, Rocío in questo è molto più brava di me. E poi di padrino o madrina in famiglia ne basta una!».
Scan + Traducción al español (Scan) Intervista/Entrevista a Raoul