lunes, 26 de septiembre de 2022

Raoul Bova tra i bambini della Siria devastata dalla guerra/Raoul Bova entre los niños de Siria devastada por la guerra



Sapevamo che Raoul Bova è un volontario della Croce Rossa. Sapevamo anche che, nel pieno dell’emergenza Covid, aveva messo a disposizione dell’associazione la sua masseria in Puglia. Ma credeteci: vederlo giocare con i bambini di un campo profughi siriano, o camminare tra i palazzi sventrati di Aleppo e le rovine di Palmira (la città-museo violentata dall’Isis), è tutta un’altra cosa. È successo alla Mostra del cinema di Venezia, dove abbiamo incontrato l’attore, che ha presentato “The lost beauty - La bellezza perduta: Siria”.

Non stiamo parlando di un semplice “spot”, ma di un intero documentario girato in posti pericolosi e inaccessibili, che Bova ha raggiunto solo grazie ai permessi accordati alla Croce Rossa. E che sarà seguito, se il piano andrà in porto, da altri sette film in altrettanti Paesi. Un progetto enorme. Ma lasciamo parlare lui...

Raoul, come è nato questo film?
«Ho detto agli amici della Croce Rossa: sono uno dei vostri 150.000 volontari. Voglio aiutare. Cosa posso fare? E loro mi hanno proposto di andare a visitare i Paesi dove operano e che sono stati devastati dalla guerra. Non per celebrare la morte, ma la vita che continua. I volontari che portano il loro aiuto ogni giorno. I bambini che giocano tra le macerie. Abbiamo cominciato con la Siria, che secondo gli osservatori internazionali è il Paese più violento al mondo. Ma non ci fermeremo: l’idea è di girare otto documentari in tutto».

È stato difficile arrivare in Siria?
«Molto. Ci sono voluti mesi per ottenere tutti i permessi, e anche dopo ci siamo dovuti adeguare alle difficoltà del viaggio. All’inizio saremmo dovuti arrivare a Damasco in aereo, poi il piano è cambiato. Prima tappa a Beirut, dove abbiamo anche mostrato gli effetti della spaventosa esplosione al porto del 2020. E poi da lì, passando tra le montagne, abbiamo varcato il confine in auto. Abbiamo attraversato la Siria facendo tappa a Damasco, Aleppo, Palmira. E anche al monastero cristiano di Santa Tecla, dove ancora si parla la lingua di Gesù, l’aramaico. Dovevamo sempre arrivare a destinazione prima di sera: col buio le strade sono troppo pericolose».

Cosa ha trovato in questo viaggio?
«Ho toccato con mano la ferocia dell’uomo. Ma ho conosciuto anche la solidarietà e tante persone meravigliose pronte ad aiutare. Anch’io ho voluto aiutare: per usare le parole di papa Francesco, mi sento “un artigiano della pace”».

L’abbiamo vista giocare con i bambini per le strade e nei campi profughi.
«Ora vorrei portare con me il sorriso di quei ragazzini che ridono e giocano anche tra le rovine. Penso che se ci riescono loro, noi che abbiamo tutto quello che ci serve abbiamo il dovere di non lamentarci. Di essere felici».

Quali sono state le tappe che l’hanno colpita di più?
«Ad Aleppo ho visitato il nuovo ospedale della Mezzaluna rossa (la “gemella” araba della Croce Rossa, ndr) dopo che quello precedente è stato completamente distrutto. Lì ho incontrato un uomo che è diventato volontario il giorno dopo che le bombe avevano ucciso i suoi cari. E poi Palmira, dove i terroristi hanno devastato monumenti antichissimi. Perché distruggere tutta questa bellezza? Per dire: “Voi non esistete”? Per calare il sipario su una cultura? Ma il sipario si rialza sempre. Sempre».

Nel film si commuove e parla anche dei suoi genitori.
«Avrei voluto raccontare questo viaggio a mio padre e mia madre che non ci sono più. Ma in qualche modo credo che mi vedano, che mi abbiano fatto venire qua, che siano fieri di questa mia esperienza».

Si è commossa anche Rocío, a Venezia come madrina. Ci ha detto: «Raoul ha fatto una cosa bellissima». E a lei che effetto ha fatto, vederla aprire e chiudere la Mostra?
«Io sono abituato a vederla come mamma. E ora la scopro anche madrina... Le viene molto bene. Dentro ha tanta emozione ma poi, mentre è sul palco, fa tutto con naturalezza, con tranquillità. È stata molto attenta, molto preparata, ha scelto con cura ogni particolare, ha studiato tanto. E tutto da sola. Insomma, ha preso il ruolo con grande impegno e cura, come fa sempre».

E ora cosa la aspetta?
«Torno subito sul set di “Buongiorno, mamma!”: a Roma stiamo girando la seconda stagione. Attendetevi molte sorprese, ma non posso dire altro».

E poi c’è “Don Matteo”. Anzi Don Massimo... ha fatto ascolti record e già si parla della prossima stagione, la numero 14!
«Sono molto contento del successo della serie. E sono onorato di essere entrato in una produzione storica come questa e di proseguire il cammino che ha percorso Terence Hill per tanti anni. Lui ha creato un’atmosfera talmente bella che si sente ancora adesso. Quel set è un posto speciale».

Al cinema la rivedremo? Manca da un po’...
«Poco prima di Natale uscirà “The Christmas Show”, la commedia di Alberto Ferrari che ho girato a Lecce assieme a Tullio Solenghi, Ornella Muti, Serena Autieri e Francesco Pannofino».

E poi l’anno prossimo, dopo Rocío, potrebbe fare anche lei il “padrino” della Mostra. In fondo c’è già stato il precedente di Alessandro Borghi nel 2017...
«No no, Rocío in questo è molto più brava di me. E poi di padrino o madrina in famiglia ne basta una!».

 Scan + Traducción al español (Scan) Intervista/Entrevista a Raoul